I miracoli e l’identità di Gesù
di Michele Brambilla
Papa Francesco, pregando l’Angelus del 30 gennaio, invita a riflettere sull’atteggiamento dei compaesani di Gesù quando il Messia iniziò il suo ministero pubblico. Infatti, «nella liturgia di oggi il Vangelo racconta la prima predicazione di Gesù nel suo paese, Nazaret. L’esito è amaro: anziché ricevere consensi, Gesù trova incomprensione e anche ostilità (cfr Lc 4,21-30). I suoi compaesani, più che una parola di verità, volevano miracoli, segni prodigiosi», un po’ come si fa coi fenomeni da baraccone. Poiché il Signore si rifiuta di svilire il suo ministero, i concittadini iniziano a contestarlo, non vedendo altro, in Lui, che il figlio di Giuseppe il carpentiere (Lc 4,22).
«Queste parole rivelano che l’insuccesso per Gesù non era del tutto imprevisto. Egli», osserva il Pontefice, «conosceva i suoi, conosceva il cuore dei suoi, sapeva il rischio che correva, metteva in conto il rifiuto. Allora possiamo chiederci: ma se la cosa era così, se prevede un fallimento, perché va lo stesso al suo paese? Perché fare del bene a gente che non è disposta ad accoglierti? È una domanda che ci poniamo spesso anche noi. Ma è una domanda che ci aiuta a capire meglio Dio», che non si arrende mai. «Ne vediamo un riflesso», dice il Papa, «in quei genitori che sono consapevoli dell’ingratitudine dei figli, ma non per questo smettono di amarli e di fare loro del bene. Dio è così, ma a un livello molto più alto. E oggi invita anche noi a credere nel bene, a non lasciare nulla di intentato nel fare il bene».
La Buona novella viene contrastata fin da subito, e Francesco elenca tutti gli esempi biblici di pagani che si sono fidati del Dio d’Israele, in particolare la vedova di Sarepta, che accolse nella sua casa il profeta Elia fuggitivo, e Naaman il Siro, che è guarito dalla lebbra da Eliseo. Di essi la Bibbia sottolinea la disponibilità all’ascolto e l’umiltà. «La fede», ammonisce il Santo Padre, «passa di qua: disponibilità e umiltà».
Il Signore si presenta, quindi, in maniera molto meno altisonante di come vorrebbe l’uomo: «non lo trova chi cerca miracoli – se noi cerchiamo dei miracoli non troveremo Gesù –, chi cerca sensazioni nuove, esperienze intime, cose strane; chi cerca una fede fatta di potenza e segni esteriori. No, non lo troverà. Soltanto lo trova, invece, chi accetta le sue vie e le sue sfide, senza lamentele, senza sospetti, senza critiche e musi lunghi. Gesù, in altre parole, ti chiede di accoglierlo nella realtà quotidiana che vivi; nella Chiesa di oggi, così com’è; in chi hai vicino ogni giorno; nella concretezza dei bisognosi, nei problemi della tua famiglia, nei genitori, nei figli, nei nonni, accogliere Dio lì», con la medesima umiltà con la quale Egli si “nasconde”.
Non sono pochi coloro che corrono il rischio di fare lo stesso errore degli abitanti di Nazaret. Il Papa lancia un’invettiva contro i teologi che presumono di avere sempre la “risposta pronta”: «“Io ho studiato teologia, ho fatto quel corso di catechesi… Io conosco tutto su Gesù!”. Sì, come uno scemo! Non fare lo scemo, tu non conosci Gesù. Magari, dopo tanti anni che siamo credenti, pensiamo di conoscere bene il Signore, con le nostre idee e i nostri giudizi», magari in palese contrasto con l’insegnamento ecclesiale. «Il rischio è di abituarci, abituarci a Gesù», chiudendoci a quelle sue manifestazioni che contrastano con i nostri schemi.
Ovviamente le novità da attendersi non sono dottrinali, ma ci si riferisce a ciò che ogni persona incontrata porta ad arricchimento della nostra fede. Il prossimo va sempre accolto come lo stesso Cristo che ci parla. Così fece san Giovanni Bosco, di cui il Papa richiama la memoria liturgica (31 gennaio), con i ragazzi della Torino ottocentesca: «pensiamo a questo grande santo, padre e maestro della gioventù. Non si è chiuso in sagrestia, non si è chiuso nelle sue cose. È uscito sulla strada a cercare i giovani, con quella creatività che è stata la sua caratteristica».
Lunedì, 31 gennaio 2022