V domenica del Tempo ordinario
(Is 6, 1-2.3-8; Sal 137; !Cor 15, 1-11; Lc 5, 1-11)
Il Vangelo secondo Luca presenta il racconto della chiamata dei primi discepoli, con una versione originale rispetto agli altri due sinottici, Matteo e Marco (cfr Mt 4,18-22; Mc 1,16-20). La chiamata, infatti, è preceduta dall’insegnamento di Gesù alla folla e da una pesca miracolosa, compiuta per volontà del Signore. Mentre, infatti, la folla si accalca sulla riva del lago di Gennesaret per ascoltare Gesù, Egli vede Simone sfiduciato per non aver preso nulla tutta la notte. Dapprima gli chiede di poter salire sulla sua barca per poter predicare alla gente, stando a poca distanza dalla riva; poi, finita la predicazione, gli comanda di uscire al largo con i suoi compagni e di gettare le reti. Simone obbedisce, ed essi pescano una quantità incredibile di pesci. In questo modo, l’evangelista fa vedere come i primi discepoli seguirono Gesù fidandosi di Lui, fondandosi sulla sua Parola, accompagnata anche da segni prodigiosi. Osserviamo che, prima di questo segno, Simone si rivolge a Cristo chiamandola «Maestro», mentre dopo lo chiama «Signore». E’ la pedagogia della chiamata di Dio, che non guarda tanto alle qualità degli eletti, ma alla loro fede, come quella di Simone che dice: «Sulla tua parola getterò le reti». L’esperienza di Pietro, certamente singolare, è anche rappresentativa della chiamata di ogni apostolo del Vangelo, che non deve mai scoraggiarsi nell’annunciare Cristo a tutti gli uomini fino ai confini del mondo.
E’ ben differente la risposta di Simone al miracolo di Gesù, rispetto a quanto accadde nella moltiplicazione dei pani e dei pesci. Non è il più evidente dei miracoli. Capita, pescando, che una notte non si peschi nulla e il giorno dopo le cose vadano assai meglio. Degli imprenditori della pesca, come erano gli Apostoli, non potevano fraintendere. Eppure pochi giorni prima Gesù aveva moltiplicato pani e pesci, sfamando cinquemila persone e producendo dal nulla quintali di cibo!
Nessuno, però, comprese il senso dei miracoli. Gesù poi li ammonirà, perché lo seguivano solo per soddisfare le loro esigenze minime alimentari. Se durante un viaggio in Italia un turista nordico, abituato alla precisione, incorre in certi ritardi ferroviari, rimane solo e costernato con le sue valige. Ma se qualcuno gli offre un passaggio fino alla meta del viaggio, ricorderà tutta la vita il buon cuore di quella persona che lo ha aiutato in un momento di difficoltà. In tanti ambienti lavorativi un tempo c’era un piccolo bar interno. Degustare un buon caffè era particolarmente fragrante quando dietro un bancone vi era un barista umanamente squisito, come sono certe persone che sanno accogliere il prossimo con un senso spontaneo di servizio alla persona, per cui il cliente avverte: «qualcuno si sta dedicando a me di cuore, così come Gesù amava il prossimo». Questo bar diviene un luogo veramente umano: “vivente”.
La vita umana è tale se in tutte le situazioni incontriamo persone viventi, a cui posso passare tutto quanto vivo, è scelto innanzi a Dio e da Dio benedetto. Contatto con persone vive anzi tutto.
Questo vale prioritariamente nella vita religiosa, che non deve esaurirsi nella sola osservanza di norme morali. Dobbiamo incontrare Dio personalmente, nella preghiera, nella sua provvidenza.
E’ certo che possiamo e dobbiamo incontrare Dio anche nella vita normale, senza romanticismo.
Ma sappiamo che la vita normale può dare sonnolenza e meccanizzazione, se non è benedetta dalla vita stessa dello Spirito di Dio. Quando un turista visita una terra straniera, secondo un piano ben organizzato, vede molti monumenti, ma spesso non incontra gli uomini. Basta un guasto improvviso all’automobile e lui ricorderà sempre quel buon uomo che lo ha salvato. Un significato simile hanno i miracoli nella Bibbia.
Dio crea il mondo nella Genesi, come un divino artista, che produce bontà e bellezza. Ma la storia d’Israele evidenzia come Dio possa essere dimenticato, e allora la civiltà va in rovina. Dio allora entra nella storia con condottieri, giudici e profeti e libera Israele da nemici potenti. Ogni fatto meraviglioso diventa occasione di un incontro con Dio, gli uomini si rendono conto della sua presenza. L’ordine del mondo è bello, ma può divenire un idolo, un falso Dio, se non c’è nulla di personale, veramente vivente che riconosce in quell’opera una Persona onnipotente ed amante della vita. E’ bello che i treni giungano in orario, se a casa qualcuno ci aspetta. Lo scopo e il senso dei miracoli biblici è di aprirci gli occhi su questa realtà personale. E’ quanto ben occorse ai discepoli, che abbandonarono le barche colme di pesci per accostarsi a Colui che sapevano essere così vivente da provocare con la parola una simile abbondanza di cibo, cioè forza e energie per la vita eterna.
La gente vive disordinatamente, ma tanti credono che un giorno ci sarà un governo così capace da emanare tante buone leggi, di modo che nessuno abbia più paura della fame, della mancanza di abitazione, dell’insicurezza per la vecchiaia. Non voglio ledere questa speranza: Dio ci ha affidato il mondo perché con il nostro lavoro diventi degna dimora per tutti, ma resterà sempre il problema fondamentale. Questo mondo organizzato sarà una sala della stazione ferroviaria, o un luogo di incontro fra persone care? A che cosa servirebbe un castello, se non vi fosse acceso il focolare, dal quale ci parlerebbe Dio stesso come nel roveto ardente: «Io sono qui»?
Domenica, 6 febbraio 2022