Dio creò l’uomo e la donna.. e vide che era cosa molto buona.
di Mario Vitali
La rappresentazione del corpo umano nelle diverse espressioni dell’arte ha origini antichissime e, con il trascorrere del tempo, è divenuto uno dei temi maggiormente trattati nelle arti figurative come la pittura, la scultura fino ad arrivare, nella modernità, alla fotografia.
Le Chiese della Cristianità sono ricchissime di opere d’arte che propongono interpretazioni volte a esaltare la bellezza della creazione e, quindi, ad esaltare la figura umana anche nella sua fisicità.
Contrariamente al luogo comune secondo il quale il cristianesimo ha avvilito il corpo umano contrapponendolo a ciò che è spirituale, la Chiesa, attraverso il suo magistero e attraverso le opere che adornano i suoi luoghi di preghiera, afferma il contrario. San Giovanni Paolo II nell’udienza generale del 6 maggio 1981 a proposito della Teologia del Corpo affermava che: “nel decorso delle varie epoche, cominciando dall’antichità – e soprattutto nella grande stagione dell’arte classica greca – vi sono opere d’arte, il cui tema è il corpo umano nella sua nudità, e la cui contemplazione consente di concentrarci, in certo senso, sulla verità intera dell’uomo, sulla dignità e sulla bellezza – anche quella “soprasensuale” – della sua mascolinità e femminilità. Queste opere portano in sé, quasi nascosto, un elemento di sublimazione, che conduce lo spettatore, attraverso il corpo, all’intero mistero personale dell’uomo”.
Nella Grecia antica, dall’VIII secolo a.C., gli artisti avevano sviluppato un forte interesse per lo studio dell’anatomia che appare a noi evidente nell’ambito soprattutto della scultura. Il corpo umano evidenzia perfezione, equilibrio e armonia, come si può osservare nella prima scultura di nudo femminile conosciuta come “Afrodite di Cnidia di Prassitele”. L’opera realizzata da Prassitele fu commissionata dagli abitanti di Cnidia come ornamento del tempio eretto ad Afrodite. L’interpretazione più ricorrente è quella che vede la donna uscire dall’acqua intenta a ricoprire il suo corpo.
All’inizio dell’epoca cristiana i parametri dell’arte greca erano perduti e così il nascente cristianesimo si dota di nuovi modelli iconografici. Pittura e scultura si sviluppano attorno a schemi simbolici che non offrono spazio a raffigurazioni “naturalistiche” che potrebbero richiamare gli schemi del paganesimo. La nudità nelle rappresentazioni cristiane ha caratteri didascalici e catechetici tesi a esaltare la castità e limitandosi a rappresentare il corpo senza vesti ad alcuni ambiti precisi quali Eva e Adamo nel paradiso terrestre, il battesimo di Gesù, Cristo durante la sua Passione e il giudizio universale.
A partire dal XIII secolo si rinnova l’interesse per la volumetria dei corpi e tanto la scultura quanto la pittura rappresentarono la figura umana in modo meno schematico arricchendo così di nuovi soggetti le opere d’arte.
Le rappresentazioni del corpo svestito mostrano la condizione di nudità naturale dell’umanità prima del peccato originale, come nell’opera di Masolino da Panigale, realizzata nel 1424 e custodita nella Cappella Brancacci a Firenze, che mostra Adamo ed Eva nel paradiso terrestre (Fig. 3)
L’affresco vuole rappresentare la bellezza naturale dell’uomo prima del peccato originale.
C’è poi una nudità che vuole essere il simbolo della penitenza, della purezza e dell’innocenza, come nell’opera di Tiziano (Fig. 4) dove la penitente Maddalena è coperta salo dai capelli con i quali asciugò i piedi di Gesù.
La nudità nell’arte cristiana è indirizzata a rivelare la bellezza dell’opera meravigliosa del Creatore,
cosa ben diversa dall’immagine di un corpo umano nudo utilizzata per suscitare la lussuria.
Il problema del nudo nell’attuale condizione umana ferita dal peccato, è che può suscitare in chi osserva “sguardi di concupiscenza” dove il corpo rappresentato può diventare oggetto di desiderio sminuendo il corpo a puro oggetto di piacere, e avvilendo la dignità della persona che si espone ad essere osservata come oggetto.
La Chiesa, che ben conosce il cuore umano, è sempre stata chiara a proposito dell’uso delle immagini del corpo, il problema non è l’”oggetto materiale” rappresentato, perché il corpo in sé è qualcosa di positivo, quanto piuttosto l’”oggetto morale” poiché esso, riprendendo l’insegnamento di San Giovanni Paolo II “)…è plasmato, o rappresentato o riprodotto con un’intenzionalità che le infonde l’”artista” attraverso le qualità o i modi in cui la riproduce (pose, gesti, realismo). Lo spettatore, invitato dall’artista a guardare la sua opera, comunica non soltanto con l’oggettivazione, e quindi, in certo senso, con una nuova “materializzazione” del modello o della materia, ma al tempo stesso comunica con la verità dell’oggetto che l’autore, nella sua “materializzazione” artistica, è riuscito ad esprimere con i mezzi a lui propri” (Catechesi del 6 maggio 1981).
La bellezza del creato, anche quella interpretata dall’artista, attrae in maniera coinvolgente e suscita in noi una ricerca “ulteriore” che non viene appagata dallo splendore della forma con la quale i nostri sensi sono stati rapiti, c’è qualche cosa di più.
Assieme alla bellezza e alla perfezione il corpo ci mostra anche il segno del limite, della decadenza e della morte, a questo proposito è facile richiamare alla mente l’immagine della Sacra Sindone, l’immagine di un corpo morto che è indirizzato verso uno corporeità spirituale. Morte e vita si uniscono così in un corpo glorioso.
Sabato, 26 febbraio 2022