VIII domenica del Tempo ordinario
( Sir 27, 5-8; Sal 91; 1Cor 15, 54-58; Lc 6, 39-45)
Scorriamo il Vangelo per vedere quali sono, secondo Gesù, le manifestazioni principali dell’ipocrisia e se esse non si riscontrino, per caso, tutte quante, quale più quale meno, nella nostra vita. Il primo caso è quello ascoltato nel brano odierno: ipocrita è chi trova continuamente da ridire sugli altri, a cominciare forse dall’amico o dall’amica più intimi, e non si pone mai la domanda se ciò che detesta negli altri – la vanità, l’egoismo, l’avarizia, l’insincerità, la grettezza – non si trovino in misura ancor maggiore in lui stesso. Ipocrita – dice Gesù in un altro contesto – è chi impone agli altri fardelli morali gravissimi, chi pretende che gli altri non si lamentino, non si inquietino mai, che non avanzino mai rivendicazioni, che non dicano mai di essere stanchi, salvo poi riconoscere, ogni momento, tutti questi diritti a sé stessi. Ipocrita – dice ancora Gesù – è chi paga la decima dei piccoli raccolti, ma non dà alcun peso alle cose veramente importanti della Legge: la giustizia verso i poveri, la misericordia e la fedeltà (Mt 23,23). Qui davvero ci scopriamo tutti quanti parenti stretti dei farisei. Quanti cristiani credono di essere a posto davanti a Dio perché pagano «la decima della menta e dell’aneto», cioè perché danno un’offerta, magari miserabile, al parroco che passa a benedire la casa, o perché accendono una candela a sant’Antonio, finanziano un’opera pia, ma non si pongono mai il problema se sono giusti in famiglia, con i propri dipendenti, se non divorano anch’essi le case delle vedove, imponendo affitti intollerabili? Parlando dell’elemosina e della preghiera, Gesù mette in luce la radice ultima e la molla dell’ipocrisia, che è quella di essere visti dagli uomini.
Cosa dunque il Signore ci insegna a fuggire in tutti questi detti sugli ipocriti? Che cos’è l’ipocrisia? E’ il tentativo di prendere in giro Dio, è la falsità del cuore, l’illusione di accontentare il Signore con le apparenze, quasi illudendosi che Egli possa ingannarsi e prendere per buono ciò che non lo è. Tra gli uomini questo è un atteggiamento che chiamiamo di astuzia, di furbizia, di doppiezza. L’ipocrita è, in fondo, un falsario, uno che tenta di pagare Dio con moneta falsa, uno che lo onora con le labbra mentre il suo cuore è lontano da Lui (Mt 15,8).
Sugli ipocriti il Vangelo pronuncia la più terribile delle minacce: «Hanno già ricevuto la loro ricompensa!» (Mt 6,2). Come dire: Dio non deve loro più nulla. Quando questo atteggiamento è cosciente e voluto (raro che accada), esso è davvero un terribile peccato; è, in pratica, un ateismo, perché significa credere in un Dio che ha occhi ma non vede, ha orecchi ma non sente. E’ un dimenticare che il Dio biblico è un Dio vivente e santo, che scruta i cuori e che legge i pensieri prima che si formino nella mente. San Paolo, in una sua lettera, ha queste parole di fuoco: «Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio» (Gal 6,7). L’ipocrisia è, perciò, innanzi tutto un’ingenuità, una stoltezza, una bugia dalle gambe corte, destinata a essere messa a nudo da Dio già in questa vita.
L’ipocrisia dei tempi moderni ha un altro connotato. Un tempo ci si fingeva migliori di quanto non si fosse; ora, invece, a volte ci si finge peggiori. Un tempo gli uomini assicuravano di andare a Messa la domenica, anche se non ci andavano; ora, invece, raccontano che la domenica vanno a giocare a golf, e chissà come ci resterebbero male se i loro amici scoprissero che, invece, vanno in chiesa! L’ipocrisia una volta era il tributo che il vizio pagava alla virtù, mentre ora è il tributo che la virtù paga al vizio. Si potrebbero menzionare, a questo proposito, tutte le strane forme che certa gente, specie i giovani, mette in atto oggi per apparire più spregiudicata di quello che in realtà è. Una nuova ipocrisia, ignota al Vangelo. Nuova fino a un certo punto. E’ antichissima, se la chiamiamo con il termine più usato: “rispetto umano”. Tra le parole certamente autentiche di Gesù, una afferma: «Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi» (Mc 8,38). La parola di Dio ci ha condotto attraverso una salutare autocritica: da essa deve sbocciare, in noi, un desiderio intenso di essere davvero “onesti con Dio”, di camminare davanti a lui «in azzimi di sincerità e verità» (1Cor 5,8). Da solo non possiamo ottenere questo; Gesù è il solo vero «pane azzimo di sincerità e di verità»; venendo in noi, Egli può renderci trasparenti nelle intenzioni e puri nel cuore, può fare anche di noi «una pasta nuova».
Domenica, 27 febbraio 2022
San Gabriele dell’Addolorata (Francesco Possenti) Accolito, Passionista