“Rallentare” il ritmo per ritrovare il significato del nostro vivere, in questo passaggio cruciale della storia
di Michele Brambilla
Mentre è in corso la giornata di preghiera e digiuno da lui stesso indetta il mercoledì precedente, di fronte al rischio (concretizzatosi) di un conflitto armato in Ucraina, Papa Francesco presiede l’udienza del 2 marzo, Mercoledì delle ceneri. Se il 23 febbraio aveva parlato dell’importanza inedita dell’anzianità, il 2 marzo tratta l’argomento della longevità: «nel racconto biblico delle genealogie dei progenitori colpisce subito la loro enorme longevità: si parla di secoli». Maggiore robustezza dei primi uomini? Forte connotazione simbolica del brano biblico? Ad ogni modo, colpisce che «questa cadenza secolare dei tempi, narrata con stile rituale, conferisce al rapporto fra longevità e genealogia un significato simbolico forte, molto forte. È come se la trasmissione della vita umana, così nuova nell’universo creato, chiedesse una lenta e prolungata iniziazione», dato che «la nuova vita – la vita umana –, immersa nella tensione fra la sua origine “a immagine e somiglianza” di Dio e la fragilità della sua condizione mortale, rappresenta una novità tutta da scoprire. E chiede un lungo tempo di iniziazione, in cui è indispensabile il sostegno reciproco tra le generazioni, per decifrare le esperienze e confrontarsi con gli enigmi della vita».
«In un certo senso, ogni passaggio d’epoca, nella storia umana, ci ripropone questa sensazione: è come se dovessimo riprendere da capo e con calma le nostre domande sul senso della vita, quando lo scenario della condizione umana appare affollato di esperienze nuove e di interrogativi inediti. Certo, l’accumulo della memoria culturale accresce la dimestichezza necessaria ad affrontare i passaggi inediti»: da qui l’importanza di non interrompere la catena dei testimoni. «I tempi della trasmissione», riconosce, «si riducono; ma i tempi dell’assimilazione chiedono sempre pazienza. L’eccesso di velocità, che ormai ossessiona tutti i passaggi della nostra vita, rende ogni esperienza più superficiale e meno “nutriente”. I giovani sono vittime inconsapevoli di questa scissione fra il tempo dell’orologio, che vuole essere bruciato, e i tempi della vita, che richiedono una giusta “lievitazione”. Una vita lunga permette di sperimentare questi tempi lunghi, e i danni della fretta», ponendovi in qualche modo rimedio.
«La vecchiaia, certamente, impone ritmi più lenti: ma non sono solo tempi di inerzia», specifica il Santo Padre. «La misura di questi ritmi apre, infatti, per tutti, spazi di senso della vita sconosciuti all’ossessione della velocità. Perdere il contatto con i ritmi lenti della vecchiaia chiude questi spazi per tutti», affinché tutti possiamo imparare di nuovo a “rallentare” il ritmo delle nostre giornate, lasciando del tempo alla giusta contemplazione degli stessi avvenimenti. Come più volte spiegato, «L’alleanza tra le due generazioni estreme della vita – i bambini e gli anziani – aiuta anche le altre due – i giovani e gli adulti – a legarsi a vicenda per rendere l’esistenza di tutti più ricca in umanità», consentendo la trasmissione della fede, degli usi e dei valori dei padri.
Il Papa denuncia che «la città moderna è tendenzialmente ostile agli anziani (e non per caso lo è anche per i bambini). Questa società che ha questo spirito dello scarto e scarta tanti bambini non voluti, scarta i vecchi: li scarta, non servono e li mette alla casa per anziani, al ricovero… L’eccesso di velocità ci mette in una centrifuga che ci spazza via come coriandoli». Non si è forse parlato, in questi anni, proprio di “società coriandolizzata”?
«L’eccesso di velocità polverizza la vita, non la rende più intensa. E la saggezza richiede di “perdere tempo”» anche con il nonno malato di Alzheimer. La pandemia ha imposto un rallentamento generalizzato, ma è giunta l’ora dell’adesione volontaria ad un nuovo stile di vita, da costruirsi a misura d’uomo e secondo il piano di Dio.
Giovedì, 3 marzo 2022