Da Avvenire del 04/03/2022
Si riconoscono facilmente dai soldati russi grazie alle lunghe barbe, alla maniera del loro presidente Ramzan Kadyrov, mentre i loro mezzi militari riportano la lettera V al posto della Z dei russi. Parliamo dei miliziani ceceni affluiti a migliaia – 12mila, dicono le autorità della Cecenia – nei territori ucraini sin dai primi giorni del conflitto e che hanno già avuto i loro “martiri”. Si sono già fatti notare su almeno due fronti: attorno a Kiev e a nord della Crimea. L’esperto Wassim Nasr afferma che la presenza di questi uomini con le uniformi mimetiche abbia un «motivo psicologico» e intenda incutere paura nel cuore degli ucraini dato lo «sfoggio di brutalità» mostrato durante la loro partecipazione a due precedenti spedizioni russe all’estero, in Georgia e in Siria. Ma a differenza della Siria, dove il ruolo dei ceceni è ora confinato a quello di “polizia militare” per conto di Mosca, tutto – a partire dall’equipaggiamento – indica che i ceceni saranno impiegati nei combattimenti urbani. D’altronde, se è possibile fare gli agenti della sicurezza in seno a una popolazione musulmana sfruttando ad arte il sentimento religioso comune, la cosa diventa impossibile tra una popolazione a maggioranza cristiana oltre che ostile.
Il Web pullula di filmati registrati dagli stessi legionari, cosa vietatissima ai loro commilitoni russi. In uno di essi, ripreso nei dintorni di Chernobyl, si vedono i ceceni fermare la marcia del lungo convoglio militare per compiere la preghiera rituale islamica in una foresta. Una “devozione”, questa, che non convince affatto gli islamisti arabi, al pari delle grida di “Allah akbar” lanciate nelle steppe ucraine. I commenti sui social media non risparmiano insulti al «lacchè di Putin» che, invece di lasciare che due nazioni nemiche dei musulmani – viene evocata la partecipazione ucraina all’invasione dell’Iraq nel 2003 – si scannino tra di loro, segue il suo padrone nella sua nuova avventura dimenticandosi dei 170mila ceceni caduti nelle guerre contro Mosca.
Pur contestata a casa propria, la militanza “islamica” dei ceceni non passa comunque inosservata. L’esperto Romain Caillet si chiede su Twitter come faccia Putin a tollerare il discorso islamista di Kadyrov e dei suoi barbuti in Ucraina, mentre l’etichetta di jihadista è sempre pronta a essere scagliata contro qualsiasi siriano con due peli sul mento. La brigata cecena non ha forse preso in considerazione un elemento: quello di potersi trovare a combattere contro altri musulmani, stavolta schierati a fianco di Kiev. Il 28 febbraio, un video ha mostrato Isa Akayev, un comandante tataro a capo di un battaglione di “volontari della Crimea”, mentre ingiungeva ai russi di rientrare a casa, promettendo di difendere l’Ucraina «con tutti i mezzi autorizzati dalla sharia».
Il vecchio contenzioso tra russi e tatari della Crimea risale al 1944, quando Stalin ha deportato molti tatari verso l’Asia Centrale. Circa la metà degli esiliati morirono in cammino. E anche quelli che combatterono con l’Armata rossa finirono in Siberia.
L’annessione nel 2014 della Crimea alla Russia non ha fatto altro che attizzare il loro risentimento dei superstiti nei confronti di Mosca.