Guerra in Ucraina. Il presidente cinese a colloquio con Macron e Scholz invita al realismo: “Le sanzioni avranno un impatto negativo sulla stabilità della finanza globale, dell’energia, dei trasporti e delle catene di approvvigionamento, e trascineranno al ribasso l’economia mondiale”. Il negoziato non decolla, leggere Kissinger. Vittoria e sconfitta, un lungo elenco di guerre per procura. Un esempio dal futuro che ci attende (la quotazione monstre del Nichel) e le profezie sul prezzo del gas e del petrolio (che si avverano)
di Mario Sechi da “News List di Mario Sechi” dell’8 marzo 2022
A che punto è la guerra? Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che “ci sarà la terza guerra mondiale”, poi ha anche detto che ci può essere un accordo sulla Crimea e sul Donbass con la Russia, ma non una resa. La guerra d’aggressione di Putin per finire ha bisogno anche di una controparte che sappia quando è il momento di combattere e quando bisogna negoziare con il nemico. Il conflitto va avanti, la diplomazia internazionale è al confine della realtà, nel frattempo secondo l’Onu i rifugiati sono già oltre 2 milioni. La pace la firma chi fa la guerra, non altri. È un problema antico, noto, l’Ucraina è un problema che ha una complicazione e una soluzione, aveva già detto e scritto tutto Henry Kissinger nel 2014, nessuno lo ha ascoltato.
La notizia più importante della giornata (per ora) è arrivata da un vertice virtuale tra il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente della Francia Emmanuel Macron e il presidente della Cina, Xi Jinping. Il leader di Pechino ha detto una cosa che è un preludio di altri fatti che accadranno:
Dobbiamo lavorare insieme per ridurre l’impatto negativo della crisi, avranno un impatto negativo sulla stabilità della finanza globale, dell’energia, dei trasporti e delle catene di approvvigionamento, e trascineranno al ribasso l’economia mondiale, che è sotto il pesante fardello della pandemia, e saranno dannose per tutti.
Il Dragone guarda e muove i pezzi sulla scacchiera con la Russia (poi un giorno si divideranno, ma questa è un’altra storia in cottura). La Cina è già il leader del mondo, per come si muove sul terreno diplomatico, per come pensa e agisce. Millenni di storia e pazienza, altra categoria. Facciamo il nostro giro di giostra, siamo dentro l’orrore della guerra. Seguite il titolare di List.
Il negoziato non decolla. Non hanno mai letto Kissinger
Si è concluso il terzo round di negoziati tra russi e ucraini, nessun passo avanti importante, la pace è lontana, ci sarà un altro incontro “presto” dicono i russi, per i quali la controparte “non è stata all’altezza”. Il consigliere di Zelensky, Mykhailo Podolyak afferma che ci sono stati “piccoli sviluppi positivi nel miglioramento della logistica per i corridoi umanitari”, cose che di solito possono fare i comandanti militari non una delegazione che deve cercare un quadro complessivo per la tregua necessaria poi a intavolare un accordo per la pace. Questa siderale distanza tra le parti, segnala un problema che aveva posto lucidamente Henry Kissinger nel 2014 in un articolo sul Washington Post: “
Gli ucraini sono l’elemento decisivo. Vivono in un paese con una storia complessa e una composizione poliglotta. La parte occidentale è stata incorporata all’Unione Sovietica nel 1939, quando Stalin e Hitler si sono divisi il bottino. La Crimea, in cui il 60% della popolazione è russa, divenne parte dell’Ucraina solo nel 1954, quando Nikita Khrushchev, ucraino di nascita, la assegnò come parte della celebrazione dei 300 anni di un accordo russo con i cosacchi. L’ovest è in gran parte cattolico; l’est in gran parte russo-ortodosso. L’ovest parla ucraino; l’est parla soprattutto russo. Qualsiasi tentativo da parte di un’ala dell’Ucraina di dominare l’altra – come è stato il modello – porterebbe alla fine alla guerra civile o alla disgregazione. Trattare l’Ucraina come parte di un confronto Est-Ovest farebbe fallire per decenni qualsiasi prospettiva di portare la Russia e l’Occidente – specialmente la Russia e l’Europa – in un sistema internazionale cooperativo”.
La lucidità di Kissinger di illustrare il caso Ucraina è impressionante, la sua analisi di scuola realista è distante anni luce dai farfugliamenti confusi, gli -ismi balbettanti, gli slogan e le sgangherate interpretazioni dei fatti a cui assistiamo da quando è scoppiata la guerra. Continua Kissinger:
L’Ucraina è indipendente da soli 23 anni; in precedenza era stata sotto un qualche tipo di governo straniero fin dal 14° secolo. Non sorprende che i suoi leader non abbiano imparato l’arte del compromesso, ancor meno la prospettiva storica. La politica dell’Ucraina post-indipendenza dimostra chiaramente che la radice del problema sta nei tentativi dei politici ucraini di imporre la loro volontà su parti recalcitranti del paese, prima da una fazione, poi dall’altra. Questa è l’essenza del conflitto tra Viktor Yanukovych e la sua principale rivale politica, Yulia Tymoshenko. Essi rappresentano le due ali dell’Ucraina e non sono stati disposti a condividere il potere. Una saggia politica degli Stati Uniti verso l’Ucraina cercherebbe un modo per le due parti del paese di cooperare tra loro. Dovremmo cercare la riconciliazione, non il dominio di una fazione. La Russia e l’Occidente, e meno di tutti le varie fazioni in Ucraina, non hanno agito su questo principio. Ognuno ha peggiorato la situazione. La Russia non sarebbe in grado di imporre una soluzione militare senza isolarsi in un momento in cui molti dei suoi confini sono già precari. Per l’Occidente, la demonizzazione di Vladimir Putin non è una politica; è un alibi per l’assenza di una politica.
Non serve altro, questa è a tutt’oggi la situazione, con la mostruosa differenza che alla fine quello che aveva illuminato Kissinger otto anni fa, si è realizzato nella peggior versione possibile: la guerra di Putin, il vuoto cosmico dell’Occidente, il rischio di un conflitto più largo, una minaccia nucleare concreta. Tante volte ho scritto che non c’è Winston Churchill, il problema è che nelle cancellerie dell’Occidente in questo momento non c’è neppure l’ombra di un Kissinger. E Putin con la prontezza di una tigre siberiana, azzanna la preda perché sa di non avere davanti nessun avversario capace di fare la guerra o mettersi a negoziare con il Cremlino in maniera seria. Le debolezze di tutti ne moltiplicano la potenza. Una tragedia.
La Siria? Borrell ha problemi con la storia (e non solo)
Quando l’Europa esprime la sua massima analisi nelle parole di Borrell che dice “andiamo verso una ‘sirizzazione'” del conflitto, significa non avere la conoscenza reale di cosa sta accadendo. Evocare lo scenario della Siria significa non ricordare un paio di fatti: la guerra civile vide la partecipazione degli Stati Uniti nella forma della proxy war, una guerra conto terzi in cui Washington (via Hillary Clinton) diede armi e supporti alle fazioni dei ribelli, da quella guerra nacque l’Isis che poi tracimò in Iraq dando vita (e soprattutto morte) a un conflitto regionale che sfondò le frontiere fino all’Iraq. Fu l’orrenda stagione dei tagliagole con le bandiere nere, una banda di psicopatici che proprio la Russia di Vladimir Putin schiacciò con una campagna militare che colse di sorpresa il presidente Barack Obama, il quale nella sua mente tracciava linee rosse che non si materializzavano mai. La Russia la guerra siriana l’ha vinta. Il signor Borrell ha problemi con la storia (e non solo) e da qui discende tutta la tragedia dell’Unione europea in questa crisi. Dovrebbero guardare tutti con attenzione la mappa del conflitto:
Questo è il problema. Borrell si è anche concentrato sulla disinformatia e ha annunciato: “Dobbiamo proteggere le nostre democrazie dall’interferenza straniera e dai tentativi di manipolazione. Proporrò un nuovo regime orizzontale che ci consentirà di sanzionare gli attori maligni della disinformazione. Ciò farà parte di una più ampia toolbox che rafforzerà la nostra capacità di deterrenza e di agire”. Il rappresentante della politica estera dell’Unione europea continua a camminare su una strada che va verso il nulla (aveva annunciato i cacciabombardieri per l’Ucraina, la Polonia ha detto no), non sapendo cosa sia la guerra, si preoccupa della censura, ancora non ha afferrato ciò che ha spiegato perfettamente Chris Miller sul New York Times: “Il problema non è la guerra ibrida, sono i missili cruise di Putin”. Si chiama hard power.
Vittoria e sconfitta. Un lungo elenco di guerre per procura
Come si è arrivati al crash delle guerre? Vediamo un paio di episodi della nostra storia.
Invasione sovietica dell’Afghanistan
Il 24 dicembre 1979, l’Unione Sovietica invase l’Afghanistan nel tentativo di estendere la sua influenza e sostenere il governo filo-sovietico nel paese. Gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita e altri paesi, a loro volta, fornirono sostegno militare e logistico alle forze afghane che combattevano l’esercito sovietico. La guerra che ne seguì non solo avrebbe plasmato il destino dell’Afghanistan, ma avrebbe portato allo sviluppo di movimenti terroristici, tra cui al-Qaeda che sarebbe poi diventate una delle minacce più grandi all’Occidente del XXI secolo.
L’Iraq invade l’Iran
Il 22 settembre 1980, l’Iraq invase l’Iran dando inizio alla guerra Iran-Iraq. La guerra, in cui gli stati arabi e gli Stati Uniti fornirono sostegno all’Iraq, contribuì a inasprire le rivalità Iran-Stati Uniti e Iran-Saud.
Gorbaciov annuncia il ritiro dell’Armata Rossa dall’Afghanistan
Il 28 luglio 1986 Mikhail Gorbaciov annunciò l’inizio del ritiro dell’Unione Sovietica dall’Afghanistan. La decisione del presidente russo cambiò la strategia dell’Unione Sovietica e la sua dottrina delle sfere d’influenza. Il regime di Mosca stava per crollare, le guerre per procura non erano più sostenibili.
L’Iraq invade il Kuwait
Il 2 agosto 1990, l’Iraq invase il Kuwait. Gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica condannarono l’invasione. Gli americani intervennero contro Saddam Hussein, fu la prima Guerra del Golfo. Da questo momento tutti i presidenti americani condurranno attacchi sul suolo iracheno.
L’Unione Sovietica si dissolve
Il 26 dicembre 1991, l’Unione Sovietica si dissolse ufficialmente, ponendo fine all’era della Guerra Fredda. Era l’illusione della “fine della storia”, in realtà stava maturando l’era di uno scontro diverso, quello delle guerre per procura.
Il Pakistan appoggia i Talebani
Nel settembre 1994, con l’appoggio del Pakistan, i Talebani iniziarono un’avanzata su Kandahar, prendendo alla fine non solo Kandahar, ma in due anni anche Kabul e stabilendosi come il gruppo dominante nel governo del paese. Inizia una storia di guerra e terrorismo che arriva fino ai giorni nostri.
Prima guerra in Cecenia
L’11 dicembre 1994, la prima guerra cecena iniziò dando un chiaro segnale che la fine della Guerra Fredda non avrebbe fermato la guerra tout court e l’uso di truppe irregolari.
Attacco alle Torri Gemelle
L’11 settembre 2001, 19 dirottatori diretti e addestrati da Al Qaeda in Afghanistan, che beneficiava dell’offerta di rifugio dei talebani, uccisero quasi 3.000 persone nel più letale attacco terroristico della storia americana. Gli Stati Uniti hanno risposto iniziando una guerra globale al terrorismo.
Gli Stati Uniti invadono l’Afghanistan
Il 7 ottobre 2001, gli Stati Uniti iniziarono gli attacchi aerei a sostegno dell’Alleanza del Nord in Afghanistan in preparazione di una più ampia invasione per rovesciare il regime dei talebani. Inizia la guerra in Afghanistan, durerà vent’anni.
Gli Stati Uniti invadono l’Iraq
Il 20 marzo 2003 gli Stati Uniti iniziarono gli attacchi con missili da crociera contro l’Iraq. Fu l’inizio di un’invasione che avrebbe ridisegnato il quadro di sicurezza del Medio Oriente e innescato processi di destabilizzazione che continuano ancora oggi.
Scoppia la guerra del Libano
+Un soldato israeliano lancia una granata dentro un bunker di Hezbollah.
Il 12 luglio 2006, Hezbollah ha teso un’imboscata e ucciso tre soldati israeliani lungo il confine e ne ha catturati due portandoli in Libano. Israele ha risposto con la sua più grande operazione militare in Libano dall’invasione del 1982. La guerra che ne seguì mise alla prova gli israeliani che si trovarono di fronte a una forza la cui capacità tecnologica, in particolare per quanto riguarda i razzi, era stata sostanzialmente rafforzata dal sostegno iraniano.
Primavere arabe che sono diventate lunghi inverni
Il 4 gennaio 2011, Mohammed Bouazizi, un venditore ambulante tunisino, muore per le ferite riportate dopo essersi dato fuoco per protestare contro le molestie subite dalle autorità tunisine. La sua morte scatena proteste che a metà gennaio portano alla caduta del governo tunisino, è l’inizio delle “primavere arabe” che poi si sono rivelate lunghi inverni.
La Nato inizia gli attacchi aerei in Libia
Il colonnello Muammar Gheddafi.
Nel marzo 2011, Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna iniziano gli attacchi aerei sulle forze libiche. Fu definita una “missione umanitaria” per proteggere i civili minacciati dalle forze di Gheddafi. Fu istituita una No Fly Zone che favorì l’avanzata delle milizie da Bengasi verso Tripoli. La rivolta si concluse con la morte di Gheddafi e il crollo dello stato libico. In seguito, il paese si è trasformato in un mosaico di milizie in competizione per il potere, molte sostenute da attori internazionali. Oggi in Libia dominano la Turchia e la Russia che hanno inviato milizie e mercenari per contrastare il caos jihadista e prenderne il controllo.
La guerra civile siriana
Il 29 luglio 2011 viene formato ufficialmente l’Esercito Libero Siriano, è la trasformazione delle proteste della Primavera Araba in Siria in un’insurrezione armata che diventa rapidamente un teatro di guerra internazionale. Gli Stati Uniti hanno usato il metodo della proxy war per cercare di rovesciare il governo di Assad.
Gli Stati Uniti si ritirano dall’Iraq
15 giugno 2006, operazione dei Marines nella provincia di Anbar. La trappola della guerra casa per casa in Iraq.
Nel dicembre 2011, gli Stati Uniti hanno ritirato le loro forze armate dall’Iraq, terminando i loro sforzi militari lì fino a quando gli Stati Uniti hanno iniziato a tornare per contrastare la diffusione dell’ISIS nel paese.
La Russia (ri)prende la Crimea
Nel febbraio 2014, la Russia invade l’Ucraina prima schierando forze in Crimea e poi nell’aprile 2014 fornendo supporto militare ai separatisti filorussi in Ucraina orientale. Sono le prove che il treno della storia dell’Europa Orientale si è rimesso in marcia. Da allora, 8 anni dopo, nessuno ha pensato a come farlo marciare su binari sicuri. E la guerra per procura di tutti contro tutti è diventata “normale”.
L’Isis conquista Mosul
Il 10 giugno 2014, l’ISIS ha preso Mosul, la seconda città più grande dell’Iraq, procedendo a dichiarare un Califfato. Il successo dell’ISIS e la dichiarazione di un Califfato hanno spinto il gruppo alla ribalta globale, mentre l’avanzata del gruppo contro le forze irachene che si sono in gran parte sciolte ha contribuito a innescare la mobilitazione di una vasta gamma di milizie per procura sostenute da Stati Uniti e Iran per contrastare l’ISIS.
Gli Houthi prendono il controllo di Sana’a
Nel settembre 2014, i ribelli Houthi (sostenuti dagli iraniani) prendono il controllo della capitale dello Yemen, Sana’a, intensificando un conflitto che alla fine sarebbe sfociato in un grande intervento saudita appoggiato dagli americani.
L’Arabia Saudita interviene in Yemen
Nel marzo 2015, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e altri membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo hanno iniziato le operazioni militari contro le forze Houthi in Yemen. Gli Stati Uniti che hanno fornito sostegno alla campagna aerea e alle milizie sul terreno, come parte della coalizione.
Campagna della Russia in Siria
Nel settembre 2015, la Russia interviene nel conflitto siriano in supporto del regime di Assad, conducendo attacchi aerei e sostenendo e utilizzando le forze sul terreno. L’operazione in Siria sarà un successo militare della Russia, il più grande intervento di Mosca in Medio Oriente da decenni.
Ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan
Il 31 agosto del 2021 gli Stati Uniti dopo vent’anni di occupazione si ritirano dall’Afghanistan. È l’ultimo atto di una campagna che doveva ricostruire il paese e viene cancellata con le parole del presidente Joe Biden che nega le ragioni del nation building. Tornano al potere i Talebani, la storia è circolare e beffarda.
La Russia invade l’Ucraina
Il 24 febbraio 2022 Vladimir Putin annuncia l’operazione militare nel Donbass. Le truppe dell’esercito russo non si fermeranno nelle regioni russofone, è il primo atto dell’invasione dell’Ucraina, una guerra che può sfociare in un conflitto totale in Europa.
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Questa sequenza di eventi è il farsi e soprattutto disfarsi della contemporaneità. La guerra non è un episodio, è un elemento permanente del nostro scenario. C’è sempre tempo per fare l’ultima, speriamo che questa non sia quella che poi non potremo più raccontare.
Un problema di domani: Che fine faranno le armi date agli ucraini?
Il segretario di Stato Anthony Blinken dice che “la Nato è pronta a ogni minaccia”. Ne siamo lieti, nel frattempo a combattere contro l’Armata Rossa ci sono gli ucraini, mentre un fiume di armi sofisticate sta entrando in Ucraina e (forse) oggi finisce in mano alla resistenza, ma di quel che ne sarà domani di un sistema d’arma come il lanciatore di missili Javelin, non sappiamo.
Ho purtroppo un’età in cui mi tornano in mente report di molti conflitti e ricordi netti sui passaggi di armi letali da eserciti più o meno regolari a gruppi di terroristi che hanno seminato morte in tutto il mondo. La guerra di Putin è il ritorno del conflitto convenzionale sul suolo europeo, è fatta d’artiglieria, carri, missili da crociera terra-aria e aria-terra, incrociatori, sommergili, brigate meccanizzate, fanteria e paracadutisti. Il Cremlino ha un piano, calibra i movimenti di truppe a seconda dell’evolversi del contesto politico e finché la diplomazia non prende l’iniziativa, l’agenda la detterà Putin con lo stop and go sul teatro di guerra, a meno che la Nato non apra il fuoco, decida di mettere boots on the ground e dare copertura aerea. Si rischia il conflitto nucleare, questo è il limite strategico, superato questo, si aprono i silos con le testate atomiche. Le vie possibili con la Russia sono solo due: o si negozia o si entra in guerra.
Le sanzioni a doppio taglio. E la crisi che verrà
Pensare di piegare Mosca con le sanzioni è un rischio più grande di quel che si possa immaginare, le nostre società occidentali sono benestanti, non hanno mai visto neppure il bagliore della guerra, solo qualche anziano ne ricorda il dolore e il lutto, gli altri non sanno, non hanno le ferite, il ricordo, la paura. L’isolamento crescente sui mercati può indebolire la Russia, ma non piegarla (leggere i libri di storia, assedio di Stalingrado, inizio del tracollo di Hitler), ma in quel popolo la sopportazione, le privazioni, il sacrificio non sono un’opzione, per parte di loro è l’esistenza di ogni giorno. Noi no, abbiamo il benessere e nessun senso storico, cosa che ci rende deboli e incerti di fronte al pericolo della carestia. I mercati stanno ritracciando il futuro dove la battaglia delle materie prime sarà cruenta. Un esempio su tutti, la quotazione del Nichel:
Il London Metal Exchange ha deciso di sospenderne la quotazione, una mossa rarissima che testimonia lo stato di estrema tensione nel settore dei metalli (tra l’altro, produzione energivora che raggiungerà costi stellari). Il Nichel stamattina è arrivato sopra i 100.000 dollari per tonnellata, spinto dai timori degli investitori che la Russia non possa più esportare la sua produzione. Il prezzo è aumentato di oltre il 70%. A cosa serve il Nichel? Scheda:
La destinazione principale del Nichel è l’acciaio inossidabile (o inox) autentico, cioè quello piu’ diffuso. Il suo uso massiccio è dovuto al fatto che il Nichel, oltre ad essere resistente ma anche duttile, è un conduttore abbastanza buono di calore e di elettricità: si dissolve lentamente in acidi diluiti ma, come il ferro, diventa passivo una volta trattato con acido nitrico. In sintesi, il suo uso principale è nella preparazione delle leghe. Molti acciai inossidabili contengono il Nichel: circa il 65 % del Nichel consumato nel mondo occidentale sono usati per fare acciaio inossidabile, la cui composizione può variare ma è tipicamente ferro con 18% cromo e 8% Nichel. Il 12% di tutto il Nichel consumato va a finire nelle superleghe. Il 23% restante è diviso tra acciai legati, batterie ricaricabili, catalizzatori e gli altri prodotti chimici, coniatura, prodotti di fonderia e placcatura. Inoltre si usa per la fabbricazione di prodotti per l’agricoltura, come insetticidi e pesticidi, oppure nelle fasi di lavorazione degli oli vegetali. Infine, viene destinato alla formazione di metalli più preziosi, come l’argento o l’oro rosso. Pur essendo meno nobile rispetto a altri membri della stessa famiglia, tra cui il rame, il Nichel viene utilizzato da sempre. Basti pensare che la prima traccia di Nichel in un utensile fabbricato dall’uomo risale addirittura al 3.500 a.C. Proprio al rame deve poi uno dei suoi primi soprannomi: i minatori tedeschi lo chiamavano “rame del diavolo”, poiché se se lo trovavano davanti mentre speravano di incappare in un bottino più prezioso come ad esempio l’oro, erano convinti che la colpa fosse di qualche essere maligno. Nichel invece deriva dallo svedese Nickel, cioè il diminutivo di Nicolaus, che rappresentava un folletto vivace e dispettoso.
L’avviso dell’Opec e la profezia di Mosca: 300 dollari al barile
L’amministrazione americana sta discutendo l’ipotesi di un embargo del petrolio russo (7 milioni di barili al giorno) e questo messo il piombo sugli indici azionari. L’indice Vix della volatilità continua a salire, è l’escalation della guerra:
Prima risposta. Viene dal segretario generale dell’Opec, Mohammad Barkindo, ospite alla CeraWeek di Houston, ieri sera ha commentato così lo scenario di un embargo del petrolio russo: “Siamo impegnati a garantire la sicurezza delle forniture di petrolio” ma “non abbiamo il controllo degli eventi che stanno influenzando il mercato e ne stanno guidando l’andamento”. Barkindo ha aggiunto che “il principio guida dell’Opec resta la stabilità del mercato globale” ma ha anche osservato che in caso di embargo sul petrolio russo “non c’è capacità produttiva nel mondo in grado di rimpiazzare 7 milioni di barili al giorno di esportazioni” e avvertito che “la ristrettezza del mercato può portare alla distruzione della domanda”. Si tratta di una dimensione che la politica non comprende. Presto la vedranno. Per primo Joe Biden, alla pompa di benzina. È solo una questione di giorni, forse di ore. Gli Stati Uniti stanno chiudendo il negoziato sul nucleare iraniano e tessendo relazioni con il Venezuela di Nicolas Maduro (che volevano far cadere fino a ieri) con il solo scopo di trovare petrolio per sostituire i barili russi. Via le matrioske, dentro gli ayatollah della Bomba e i carnefici del Sudamerica. Grande operazione, la prova che l’Occidente è smarrito. Dal 1945 con i russi hai mantenuto la pace, se li sganci dal freno dell’impegno con le democrazie per consegnarli alla Cina, si apre il vaso di Pandora della guerra.
Seconda risposta. Viene dal vicepremier russo, Alexander Novak: un eventuale embargo dei Paesi occidentali contro il gas russo avrebbe “conseguenze catastrofiche” per il mercato globale e potrebbe spingere il prezzo del greggio fino a 300 dollari a barile, “se non oltre”. Novak dice che sarebbe “impossibile” per l’Europa rimpiazzare rapidamente il petrolio russo. “Ci sarebbe bisogno di oltre un anno e sarebbe molto più costoso per i consumatori europei”, ha affermato. “I politici europei dovrebbero avvertire con onestà i propri cittadini e i consumatori su cosa li attenderebbe e che i prezzi schizzerebbero verso l’alto”. Novak ha quindi affermato che la Russia potrebbe valutare il blocco delle forniture di gas tramite il Nord Stream 1 in risposta allo stop imposto dalle sanzioni europee al Nord Stream 2. Ma, ha concluso, “finora non abbiamo preso alcuna decisione, nessuno ne beneficerebbe”.
E quella di Medvedev sul gas (avverata)
Molti pensano che quelle dei russi siano delle boutade. L’ultima volta che è successo, la realtà ha gelato i denti di chi faceva ironia su quanto twittava Dmitry Medvedev:
Era il 22 febbraio del 2022, come va il prezzo del gas? Il 31 dicembre era a circa 19 euro per Megawattora, ieri ha toccato il picco di 345 euro. Medvedev si è sbagliato. Per difetto. Avanti, c’è posto per l’inflazione e la recessione. Sì, viviamo tempi interessanti. Forse troppo.