II domenica di Quaresima
(Gen 15, 5-12.17-18; Sal 26; Fil 3, 17-4,1; Lc 9, 28b-36)
Salire su una montagna per gli Apostoli ha voluto dire essere coinvolti nella preghiera di Gesù, che si ritirava spesso in orazione, specialmente all’alba e dopo il tramonto, talvolta per tutta la notte. Solo però quella volta, sulla montagna, Egli volle manifestare ai suoi amici la luce interiore che lo colmava quando pregava: il suo volto – leggiamo nel Vangelo – s’illuminò e le sue vesti lasciarono trasparire lo splendore della Persona divina del Verbo incarnato (cfr Lc 9,29). C’è un altro dettaglio, proprio del racconto di san Luca, che merita di essere sottolineato: l’indicazione cioè dell’oggetto della conversazione di Gesù con Mosè ed Elia, apparsi accanto a Lui trasfigurato. Essi – narra l’Evangelista – «parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme» (Lc 9,31).
Dunque Gesù ascolta la legge e i profeti che gli parlano della sua morte e risurrezione. Nel suo dialogo intimo col Padre, Egli non esce dalla storia, non sfugge dalla missione per la quale è venuto nel mondo, anche se sa che per arrivare alla gloria dovrà passare attraverso la croce. Anzi, Cristo entra più profondamente in questa missione, aderendo con tutto sé stesso alla volontà del Padre, e ci mostra che la vera preghiera consiste proprio nell’unire la nostra volontà a quella di Dio.
Per un cristiano, pertanto, pregare non è evadere dalla realtà e dalle responsabilità che essa comporta, ma assumerle fino in fondo, confidando nell’amore fedele e inesauribile del Signore. Per questo la verifica della Trasfigurazione è, paradossalmente, l’agonia nel Getsemani (cfr Lc 22,39-46). E’ la prima frase significativa della liturgia odierna.
Non si può fare a meno della croce. La salvezza passa per di lì, ed anche la trasfigurazione del nostro corpo, che sarà ad immagine di quella di Cristo, non potrà avvenire senza la partecipazione alla sua croce. Alla Trasfigurazione di Gesù è dedicata la maggior parte degli eremitaggi e dei luoghi di preghiera e di silenzio nell’Oriente. Questo evento è spesso rappresentato nelle iconografie come un capovolgimento della realtà umana, a cui partecipano gli esseri viventi assieme all’uomo. Talvolta i tre apostoli che assistettero alla Trasfigurazione sono rappresentati a gambe all’aria. Il fuoco, invece di salire, scende verso la terra. Gli alberi hanno le radici verso il cielo e i rami rivolti verso il basso.
Dio ci ama per primo
La Trasfigurazione, come ogni azione divina, inizia sempre dal Signore: è Dio che invita, come è Dio che giura fedeltà ad Abramo, attuando l’Alleanza con l’uomo. Era consuetudine fra gli antichi Ebrei che due persone che si scambiavano una promessa dovessero passare in mezzo ad un bue squartato dicendo: «Capiti a me quello che è capitato a questa bestia, se non sarò fedele alla promessa». Dio non chiede ad Abramo di compromettersi fino a questo punto, perché conosce la fragilità dell’uomo, e fonda allora l’Alleanza solamente sulla propria fedeltà. Egli solo, sotto il simbolo del fuoco, compie il giuramento (Gn 15,17). Abramo, in quel momento, è caduto in un sonno profondo, lo stesso sonno in cui era caduto Adamo quando Dio volle dargli come compagna Eva. In questa occasione, invece, Dio dà sé stesso ad Abramo come compagno. Di fronte all’azione di Dio, l’uomo non può fare altro che divenire spettatore, fissare in Lui il suo cuore, contemplare il suo volto ed addormentarsi nell’attesa dei doni del Creatore.
Il tesoro nei cieli
La seconda lettura fa comprendere che l’oggetto della promessa di Dio agli uomini non è una terra su cui stabilirsi, ma una patria nei cieli. L’apostolo condanna quelli che sono tutti intenti alle cose della terra, rifiutando i beni del cielo, tanto da potersi chiamare nemici della croce di Cristo e adoratori del loro ventre. Dio, invece, promette di trasfigurare il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso. E’quello che è avvenuto a Cristo nella Trasfigurazione, quasi a dare un saggio anticipato di quello che ci attende un giorno. Anche il nostro corpo, ora segnato dalle conseguenze del peccato d’origine, diverrà partecipe della gloria dell’anima immortale.
La Trasfigurazione
Nel racconto della Trasfigurazione Mosè ed Elia si intrattengono col Salvatore, dialogando sulla sua prossima Passione e Resurrezione. Pietro ha occhi soltanto per la gloria abbagliante che gli si para innanzi, sul volto di Cristo, dopo essersi assopito: «Maestro è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende.. ». Vorrebbe fermarsi, sistemarsi, indossare definitivamente quella luce confortante, evitando le tenebre angosciose del Calvario. Pretende di attendarsi al punto di arrivo, scavalcando la strada penosa che vi conduce. La voce della nube, invece, spazza via ogni illusione: «Questi è il Figlio mio, l’eletto: ascoltatelo». Si tratta di ascoltarlo, fidarsi di Lui, anche quando parla di croce. Ci sono tante voci confuse e discordanti ci disorientano, quando vorremmo un’indicazione sul cammino da prendere, ma c’è sempre una parola che può essere ascoltata senza timore di essere ingannati.
Ripieni di sacro timore, gli apostoli caddero con la faccia a terra, come era successo altre volte a uomini della Bibbia, dinanzi alla manifestazione della santità di Dio. L’azione fu di breve durata, perché risollevato il capo, dopo lo sbigottimento, non videro nessuno, né udirono più voci. Però, Gesù era con loro, non si era dileguato nella nuvola. Nel silenzio si avviano verso il Calvario. Parleranno i discepoli solo dopo essere divenuti uomini della croce, pronti alla volontà di Dio.
Conclusione
Così anche in noi si opererà la trasfigurazione di Gesù, e il Padre dei cieli, chinandosi su ciascuno di noi, potrà dire: «questi è mio figlio prediletto».
Tutto accadde durante la preghiera di Gesù sul monte. La preghiera non è un accessorio, un optional, ma è questione di vita o di morte. Solo chi prega, infatti, cioè chi si affida a Dio con amore filiale può entrare nella vita eterna, che è Dio stesso. Durante questo tempo di Quaresima, chiediamo a Maria, Madre del Verbo incarnato e Maestra di vita spirituale, di insegnarci a pregare come faceva il suo Figlio, perché la nostra esistenza sia trasformata dalla luce della sua presenza.
Domenica, 13 marzo 2022