La necessità di una fede incarnata in una società che si concepisce senza radici. Esortazione a rinnovare la stessa catechesi parrocchiale, spesso monodimensionale, con “dosi massicce” di storia della Chiesa e vita comunitaria
di Michele Brambilla
Papa Francesco prepara la consacrazione della Russia e dell’Ucraina al Cuore immacolato di Maria diffondendone in anticipo la formula e spedendo ai confratelli vescovi una lettera esplicativa.
La consacrazione della Russia, che il Pontefice compirà il 25 marzo, si colloca all’interno della tradizione, che si intreccia con la storia del mondo. Ma che cos’è la tradizione? Il Papa prova a spiegarlo ai fedeli dell’udienza generale del 23 marzo prendendo ad esempio le parole di Mosè morente nel Deuteronomio: «quando Mosè pronuncia questa confessione di fede è alle soglie della terra promessa, e anche del suo congedo dalla vita. Aveva centoventi anni, annota il racconto, “ma gli occhi non gli si erano spenti” (Dt 34,7). […] La vitalità del suo sguardo è un dono prezioso: gli consente di trasmettere l’eredità della sua lunga esperienza di vita e di fede, con la lucidità necessaria».
Una testimonianza vivente è migliore di qualsiasi video illustrativo o di qualche serie tv corrente, nelle quali il passato e il presente sono spesso sfigurati in maniera ideologica. I giovani, oggi, si ubriacano di pseudo-prodotti culturali perché, denuncia il Santo Padre, si è rotta la solidarietà tra le generazioni. «Questa trasmissione – che è la vera e propria tradizione, la trasmissione concreta dal vecchio al giovane! – questa trasmissione manca molto oggi, e sempre di più, alle nuove generazioni. Perché? Perché questa civiltà nuova ha l’idea che i vecchi sono materiale di scarto, i vecchi vanno scartati», così come tutto quello che è accaduto prima della modernità. Il Papa denuncia con forza che, «nella nostra cultura, così “politicamente corretta”», la tradizione autentica «appare ostacolata in molti modi: nella famiglia, nella società, nella stessa comunità cristiana. Qualcuno propone addirittura di abolire l’insegnamento della storia, come un’informazione superflua su mondi non più attuali, che toglie risorse alla conoscenza del presente», immaginato come un’epoca perfettamente autosufficiente.
Il Pontefice non manca di osservare che «la trasmissione della fede, d’altra parte, spesso manca della passione propria di una “storia vissuta”. Trasmettere la fede non è dire le cose “bla-bla-bla”. E’ dire l’esperienza di fede», che costruisce la persona a 360°. La stessa catechesi parrocchiale, invece, è molto spesso monodimensionale: «certe volte, mi accade di riflettere su questa strana anomalia. Il catechismo dell’iniziazione cristiana attinge oggi generosamente alla Parola di Dio e trasmette accurate informazioni sui dogmi, sulla morale della fede e sui sacramenti. Spesso manca, però, una conoscenza della Chiesa che nasca dall’ascolto e dalla testimonianza della storia reale della fede e della vita della comunità ecclesiale». Che sia giunta l’ora di studiare seriamente la storia della Chiesa? Assolutamente: la stessa consacrazione al Cuore immacolato di Maria non sarebbe più letta da molti come un semplice “moto dello spirito” devozionale, ma verrebbe correttamente interpretata come un gesto che richiama la storia umana alla sua imprescindibile trascendenza. Ma più ancora dello studio, serve introdurre il neofita ad una vita cristiana completa, in cui nessuna dimensione dell’umano è trascurata.
Giovedì, 24 marzo 2022