Ovvero, la “diversità” del Nazareno
di Michele Brambilla
Come spiega Papa Francesco all’inizio dell’udienza del 13 aprile, «siamo al centro della Settimana Santa, che si snoda dalla Domenica delle Palme alla Domenica di Pasqua». In entrambi i casi si fa festa a Gesù, ma in maniera, osserva il Pontefice, radicalmente differente. Cristo «ha davanti a sé una Pasqua diversa, non una Pasqua trionfale», ma un passaggio (questo significa la parola ebraica Pesach) attraverso le ombre della morte per risorgere a nuova vita. Un modo inedito di portare la pace. Gesù ne è consapevole, infatti promette: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14,27).
Di questa frase è fondamentale sottolineare la diversità rispetto alle attese mondane. Comprendiamo, allora, che «la pace che Gesù ci dà a Pasqua non è la pace che segue le strategie del mondo, il quale crede di ottenerla attraverso la forza, con le conquiste e con varie forme di imposizione. Questa pace, in realtà, è solo un intervallo tra le guerre», che lascia inalterata la radice della violenza tra gli uomini. Gesù sceglie di non sottrarsi alla legge della morte: sembra una sconfitta, mentre invece è un ribaltamento radicale della logica della cultura che della morte si rende promotore.
«A questo proposito», ricorda il Santo Padre, «è sempre attuale un grande racconto di Dostoevskij, la cosiddetta Leggenda del Grande Inquisitore. Si narra di Gesù che, dopo vari secoli, torna sulla Terra» e viene arrestato dal Grande Inquisitore, che nell’apologo non rappresenta la difesa intransigente dell’ortodossia, bensì la completa mondanizzazione della fede, concepita al massimo come intrumentum regni. Secondo il Grande Inquisitore, Gesù «avrebbe potuto stabilire la pace nel mondo, piegando il cuore libero ma precario dell’uomo in forza di un potere superiore, ma non ha voluto: ha rispettato la nostra libertà. “Tu – dice l’Inquisitore a Gesù –, accettando il mondo e la porpora dei Cesari, avresti fondato il regno universale e dato la pace universale” (I fratelli Karamazov, Milano 2012, p.345); e con sentenza sferzante conclude: “Se c’è qualcuno che ha meritato più di tutti il nostro rogo, sei proprio Tu” (p.348)». Nel I secolo Cristo aveva sperimentato la medesima estraneità rispetto a questo tipo di logiche, infatti fu doppiamente condannato: dal Potere (Ponzio Pilato) e dalla falsa intransigenza di chi doveva ringraziare Tiberio Cesare persino della carica religiosa ricoperta (Sinedrio).
Il Papa, quindi, cita uno dei più grandi scrittori-teologi russi, e lo fa proprio per condannare i tentativi di piegare la fede alle ideologie di questo mondo. Come dire: chi ha orecchie per intendere, intenda, specie dalle parti ecclesiastiche di Mosca, presso cui vige una strana “sinfonia” dei poteri.
«Fratelli, sorelle, Pasqua significa “passaggio”. È, soprattutto quest’anno, l’occasione benedetta», ribadisce il Papa, «per passare dal dio mondano al Dio cristiano». Riprendendo la parola sull’Ucraina, «saluto cordialmente tutti i polacchi. Quest’anno celebrate in modo speciale la Settimana Santa e la Pasqua: insieme a molti ospiti ucraini. La Pasqua è una festa di famiglia e voi, aprendo a loro le vostre case, siete diventati loro famigliari. Anche se la maggior parte di essi celebrerà queste feste una settimana più tardi, secondo la tradizione orientale, già ora tutti voi insieme contemplate il Crocifisso, e aspettate la risurrezione di Cristo e la pace in Ucraina». Una pace che solo la riscoperta del messaggio cristiano nella sua interezza potrà rendere duratura.
Giovdì, 14 aprile 2022