Il Papa esorta tutti ad imitare Pietro e Giovanni, che, riconosciuto il Signore sul lago di Galilea, lo raggiunsero rapidamente per sentirsi rinnovare il mandato missionario
di Michele Brambilla
Il Vangelo della III domenica di Pasqua vede san Pietro esortare gli altri discepoli a tornare in Galilea. «Tutto inizia», spiega Papa Francesco introducendo il Regina Coeli del 1 maggio, «con lui che dice agli altri discepoli: “Io vado a pescare” (Gv 21,3). Niente di strano, era un pescatore, ma aveva abbandonato questo mestiere da quando, proprio sulla riva di quel lago, aveva lasciato le reti per seguire Gesù. E ora, mentre il Risorto si fa attendere, Pietro, forse un po’ sfiduciato, propone agli altri di tornare alla vita di prima». Le “notti della fede” capitano, ma i discepoli sembrano decisi a lasciarle prevalere.
Cristo prende ancora una volta l’iniziativa. Pensando in particolare a Simone, «torna ancora sulla riva del lago dove aveva scelto lui, Andrea, Giacomo e Giovanni, tutti e quattro li aveva scelti lì. Non fa rimproveri», ma, proprio come la prima volta, li invita a gettare di nuovo le reti. Il miracolo si ripete e il più giovane, Giovanni, non solo comprende, ma indica Gesù agli altri discepoli: «Pietro aveva bisogno di quella “scossa”. Quando sente Giovanni gridare: “È il Signore!” (Gv 21,7), lui subito si tuffa in acqua e nuota verso Gesù. È un gesto di amore, perché l’amore va oltre l’utile, il conveniente e il dovuto; l’amore genera stupore, ispira slanci creativi, gratuiti», proprio come quelli che il Signore chiede per irradiare nel mondo la gioia del Vangelo.
Dice il Papa: «cari fratelli e sorelle, oggi Cristo risorto ci invita a uno slancio nuovo, tutti, ognuno di noi, ci invita a tuffarci nel bene senza la paura di perdere qualcosa, senza calcolare troppo, senza aspettare che comincino gli altri. Perché? Non aspettare gli altri, perché per andare incontro a Gesù bisogna sbilanciarsi. Bisogna sbilanciarsi con coraggio, riprendere, e riprendere sbilanciandosi, rischiare. Chiediamoci: sono capace di qualche scatto di generosità, oppure freno gli slanci del cuore e mi chiudo nell’abitudine, o nella paura? Buttarsi, tuffarsi. Questa è la parola di oggi di Gesù» per tutti coloro che sono chiamati a ri-evangelizzare questo mondo sazio e disperato.
La risposta del discepolo è sempre personale, ma indirizzata verso una testimonianza pubblica. «Il Risorto lo chiede anche a noi oggi: Mi ami? Perché a Pasqua», asserisce il Pontefice, «Gesù vuole che anche il nostro cuore risorga; perché la fede non è questione di sapere, ma di amore» verso Dio e verso il prossimo, come bene intesero i nuovi beati don Mario Ciceri (1900-45), sacerdote ambrosiano interamente dedito ai giovani della sua parrocchia, e Armida Barelli (1882-1952), fondatrice della Gioventù femminile dell’Azione Cattolica e dell’Università Cattolica di Milano. Come sempre, «un applauso ai nuovi Beati», che vissero nella parte più ideologica del Novecento, caratterizzata dalle due guerre mondiali.
Il Santo Padre si ricollega, così, alla guerra in Ucraina «e mentre si assiste a un macabro regresso di umanità, mi chiedo, insieme a tante persone angosciate, se si stia veramente ricercando la pace; se ci sia la volontà di evitare una continua escalation militare e verbale». «Vorrei», allora, «invitare tutti i fedeli e le comunità a pregare ogni giorno di maggio il Rosario per la pace. Il pensiero va subito alla città ucraina di Mariupol, “città di Maria”, barbaramente bombardata e distrutta».
Lunedì, 2 maggio 2022