Il mistero della SS. Trinità, che si spiega meglio con l’amore che con le parole
di Michele Brambilla
«Oggi è la solennità della Santissima Trinità, e nel Vangelo della celebrazione Gesù ci presenta le altre due Persone divine, il Padre e lo Spirito Santo. Dello Spirito dice: “Non parlerà da sé stesso, ma prenderà quel che è mio e ve lo annuncerà”. E poi, a proposito del Padre, dice: “Tutto quello che il Padre possiede è mio” (Gv 16,14-15)», spiega Papa Francesco introducendo l’Angelus del 12 giugno. «Notiamo che lo Spirito Santo parla, ma non di sé stesso: annuncia Gesù e rivela il Padre. E notiamo anche che il Padre, il quale tutto possiede, perché è l’origine di ogni cosa, dà al Figlio tutto quello che possiede»: non è quindi una conoscenza teorica, ma un’intimità profonda tra le Persone divine.
«E ora guardiamo a noi, a ciò di cui parliamo e a quello che possediamo. Quando parliamo, sempre vogliamo che si dica bene di noi e spesso parliamo solo di noi stessi e di quello che facciamo. Quante volte! “Io ho fatto questo, quell’altro…”, “Avevo questo problema…”. Sempre si parla così. Quanta differenza rispetto allo Spirito Santo, che parla annunciando gli altri, e il Padre il Figlio», senza nessuna gelosia e senza brama di possesso. «Ecco allora», deduce il Papa, «che festeggiare la Santissima Trinità non è tanto un esercizio teologico, ma una rivoluzione del nostro modo di vivere. Dio, nel quale ogni Persona vive per l’altra in continua relazione, in continuo rapporto, non per sé stessa, ci provoca a vivere con gli altri e per gli altri». La SS. Trinità non si può spiegare a parole, ma va fatta comprendere testimoniando l’amore che La pervade.
«Il Dio trino e unico, cari fratelli e sorelle, va mostrato così, con i fatti prima che con le parole», insiste il Pontefice. «Dio, che è autore della vita, si trasmette meno attraverso i libri e più attraverso la testimonianza di vita. Egli che, come scrive l’evangelista Giovanni, “è amore” (1 Gv 4,16), si rivela attraverso l’amore. Pensiamo alle persone buone, generose, miti che abbiamo incontrato: ricordando il loro modo di pensare e di agire, possiamo avere un piccolo riflesso di Dio-Amore», esemplifica il Santo Padre.
«Per capirlo meglio, pensiamo ai nomi delle Persone divine, che pronunciamo ogni volta che facciamo il segno della croce: in ciascun nome c’è la presenza dell’altro. Il Padre, ad esempio, non sarebbe tale senza il Figlio; così pure il Figlio non può essere pensato da solo, ma sempre come Figlio del Padre. E lo Spirito Santo, a sua volta, è Spirito del Padre e del Figlio. In breve, la Trinità ci insegna», sottolinea Francesco, «che non si può mai stare senza l’altro. Non siamo isole, siamo al mondo per vivere a immagine di Dio: aperti, bisognosi degli altri e bisognosi di aiutare gli altri». In proposito, «ieri a Breslavia, in Polonia, sono state beatificate suor Pasqualina Jahn e nove consorelle martiri, della Congregazione delle Suore di Santa Elisabetta, uccise alla fine della seconda guerra mondiale in un contesto ostile alla fede cristiana» dai soldati dell’Armata Rossa, che nel 1945 avanzava stuprando, profanando e uccidendo. «Queste dieci religiose, pur consapevoli del pericolo che correvano, rimasero accanto agli anziani e ai malati che stavano accudendo. Il loro esempio di fedeltà a Cristo aiuti tutti noi, specialmente i cristiani perseguitati in diverse parti del mondo, a testimoniare il Vangelo con coraggio», in particolare «è sempre vivo nel mio cuore il pensiero per la popolazione ucraina, afflitta dalla guerra. Il tempo che passa non raffreddi il nostro dolore e la nostra preoccupazione per quella gente martoriata. Per favore, non abituiamoci a questa tragica realtà! Abbiamola sempre nel cuore. Preghiamo e lottiamo per la pace».
Martedì, 14 giugno 2022