Avere cura degli altri salva dalla solitudine e mostra il grado di civilizzazione raggiunto da un popolo. Tutta la comunità deve farsi carico dei propri anziani
di Michele Brambilla
Papa Francesco prende spunto dall’episodio della guarigione della suocera di Pietro per parlare dei propri stessi problemi di salute nell’udienza del 15 giugno. Dice infatti: «abbiamo ascoltato il semplice e toccante racconto della guarigione della suocera di Simone – che non è ancora chiamato Pietro – nella versione del vangelo di Marco. Il breve episodio è riportato, con lievi eppure suggestive varianti anche negli altri due Vangeli sinottici» per insegnare che «da vecchi non si comanda più il proprio corpo. Bisogna imparare a scegliere cosa fare e cosa non fare. Il vigore del fisico viene meno e ci abbandona, anche se il nostro cuore non smette di desiderare. Bisogna allora imparare a purificare il desiderio: avere pazienza, scegliere cosa domandare al corpo e alla vita», come accade al Pontefice stesso, da tempo costretto sulla sedia a rotelle da un grave problema al ginocchio.
Può insinuarsi nell’anziano una certa e pericolosa noia dell’esistenza: «un famoso scrittore italiano, Italo Calvino, notava l’amarezza dei vecchi che soffrono il perdersi delle cose d’una volta, più di quanto non godano il sopravvenire delle nuove. Ma la scena evangelica che abbiamo ascoltato ci aiuta a sperare e ci offre già un primo insegnamento: Gesù non visita da solo quell’anziana donna malata, ci va insieme ai discepoli. E questo ci fa pensare un po’», perché se ne ricava che «è proprio la comunità cristiana che deve prendersi cura degli anziani: parenti e amici, ma la comunità. La visita agli anziani va fatta da tanti, assieme e spesso. Mai dovremmo dimenticare queste tre righe del Vangelo. Oggi soprattutto che il numero degli anziani è notevolmente cresciuto, anche in proporzione ai giovani, perché siamo in questo inverno demografico, si fanno meno figli e ci sono tanti anziani e pochi giovani. Dobbiamo sentire la responsabilità di visitare gli anziani che spesso sono soli e presentarli al Signore con la nostra preghiera», mostrando con i fatti che «una società è veramente accogliente nei confronti della vita quando riconosce che essa è preziosa anche nell’anzianità, nella disabilità, nella malattia grave e anche quando si sta spegnendo» (Messaggio alla Pontificia Accademia per la Vita, 19 febbraio 2014).
Il Papa esprime con forza la sua condanna della “cultura dello scarto”. «Sì, non li uccide», osserva, «ma socialmente li cancella, come se fossero un peso da portare avanti: è meglio nasconderli. Questo è un tradimento della propria umanità, questa è la cosa più brutta, questo è selezionare la vita secondo l’utilità, secondo la giovinezza» e la prestanza fisica.
La suocera di Pietro si alza e inizia a servire tutto il gruppo dei discepoli di Gesù. «Se la prima lezione l’ha data Gesù, la seconda ce la dà l’anziana donna, che» infatti «“si alzò e si mise a servirli”. Anche da anziani si può, anzi, si deve servire la comunità». «Ma dobbiamo apprendere bene che lo spirito dell’intercessione e del servizio, che Gesù prescrive a tutti i suoi discepoli, non è semplicemente una faccenda di donne: non c’è ombra di questa limitazione, nelle parole e nei gesti di Gesù. Il servizio evangelico della gratitudine per la tenerezza di Dio non si scrive in nessun modo nella grammatica dell’uomo padrone e della donna serva», puntualizza il Santo Padre: nell’apostolato c’è perfetta “parità tra i sessi”, sebbene nella diversità di ministero. Siamo quindi chiamati tutti alla missione, ognuno secondo il proprio compito e con il proprio carisma.
Venerdì, 17 giugno 2022