Di Ermanno Pavesi dal Centro Studi Livatino del 25/06/2022
Ieri la Corte Suprema ha giudicato – nella causa Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization[1] – la costituzionalità della legge Gestational Age Act, del 2018 dello Stato del Mississippi che vieta l’interruzione della gravidanza dopo la quindicesima settimana di gestazione, a esclusione dei casi di emergenza e di gravi anormalità fetali. Tale proibizione contrasta con le due sentenze della stessa Corte Suprema Roe v. Wade (410 U.S. 113) del 22 gennaio 1973[2], e Planned Parenthood of Southeastern Pennsylvania v. Casey (505 U.S. 833) del 22 aprile 1992[3]. Questo primo commento, del prof. Ermanno Pavesi, componente del direttivo della FIAMC -Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici, pone a confronto i passaggi essenziali della sentenza della Corte con le sue precedenti pronunce: la decisione riconosce che non esiste un diritto costituzionale all’aborto, rimettendo la questione alle scelte dei parlamentari democraticamente eletti. Si tratta di un passo avanti molto importante nella direzione della piena tutela del diritto alla vita del concepito, e del corretto rapporto fra giurisdizione e potere legislativo.
1. Con la sentenza 597 U.S. 1[4] del 24 giugno 2022 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha deciso:
“Non pretendiamo di sapere come risponderanno il nostro sistema politico o la nostra società alla decisione odierna di annullare Roe e Casey. E anche se potessimo prevedere cosa accadrà, non avremmo l’autorità per lasciare che quella conoscenza influenzi la nostra decisione. Possiamo solo fare il nostro lavoro, che è interpretare la legge, applicare i principi di lunga data dello stare decisis[5] e decidere di conseguenza il caso.
Riteniamo quindi che la Costituzione non conferisca il diritto all’aborto. Le sentenze Roe e Casey devono essere annullate e l’autorità di regolamentare l’aborto deve essere restituita al popolo e ai suoi rappresentanti eletti” (p. 69).
2. Punto di partenza per comprendere quanto accaduto sono le affermazioni di principio della sentenza Roe v. Wade del 22 gennaio 1973, giudicato unitamente al caso Doe v. Bolton[6]. Le due sentenze costituivano un’unità, devono essere “lette insieme”, e affermavano quanto segue.
- La proibizione dell’aborto in secoli passati non avrebbe avuto come fine la tutela della vita del bambino, quanto quella della salute e della vita della gestante quando le tecniche abortive erano o inefficaci o pericolose per la donna.
- Secondo alcuni periti, grazie ai progressi della medicina, la mortalità come conseguenza di un aborto durante il primo trimestre di gravidanza sarebbe stata più bassa che non nel suo proseguo o per il parto (cfr. 410 U.S. 149), quindi nel primo trimestre la proibizione dell’aborto a tutela della salute della donna non avrebbe più avuto più giustificazione e ha riconosciuto al medico curante, in accordo con la sua paziente, la libertà di giudicare, senza regolamentazione da parte dello Stato, se la gravidanza della paziente poteva essere interrotta (cfr. 410 U.S. 163).
- Il Quattordicesimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti protegge la ‘privacy’, come ‘personal privacy’ del cittadino, intesa come diritto a gestire la propria esistenza liberamente senza ingerenze dello Stato, senza peraltro menzionare diritti particolari, per la Corte, però, il diritto alla privacy fondato sul concetto di libertà personale era “abbastanza ampio per includere la decisione di una donna se interrompere o meno la gravidanza” (410 U.S. 153).
- La sentenza sottolineava che nella Costituzione il termine ‘persona’ viene utilizzato raramente e riferito sempre a individui nati o naturalizzati negli Stati Uniti, per questo chi non è ancora nato non potrebbe essere considerato una persona, non gli si potrebbe riconoscere una ‘personal privacy’ e, conseguentemente, non potrebbe neanche essere tutelato dal Quattordicesimo emendamento.
- La Corte precisava che “il diritto alla privacy personale include la decisione di interrompere la gravidanza, ma che questo diritto non è incondizionato e nella regolamentazione deve essere considerato contro importanti interessi statali” (410 U.S. 154) e dichiarava pure di non essere d’accordo con chi attribuisce alla donna il diritto di interrompere la gravidanza in qualsiasi momento, in qualsiasi modo e per un qualsiasi motivo che lei sola decide e non riconosce neppure un diritto illimitato a disporre a piacimento del proprio corpo (cfr. 410 U.S.153), principio ricordato anche nella sentenza Doe: “Roe v. Wade […], espone la nostra conclusione che una donna incinta non ha un diritto costituzionale assoluto all’aborto su sua richiesta” (410 U.S. 189).
- La Corte rinunciava a esprimersi sull’inizio della vita umana: “Non abbiamo bisogno di risolvere la difficile questione di quando inizia la vita. Quando esperti delle rispettive discipline della medicina, della filosofia e della teologia non riescono ad arrivare ad alcun consenso, la magistratura, allo stato attuale dello sviluppo della conoscenza umana, non è in grado di dare una risposta” (410 U.S. 159), ma ha introdotto il concetto di ‘viability’, cioè la capacità del bambino di vivere al di fuori del grembo materno, che verrebbe raggiunta per lo meno alla 28 settimana di gravidanza, ma in certi casi già alla ventiquattresima. Prima della viabilty si tratterebbe solo di vita potenziale, ‘potential life’ (410 U.S. 150), e, fino a quando la vita sarebbe solamente potenziale, lo Stato potrebbe far valere interessi solo secondariamente alla tutela della donna gravida (cfr. 410 U.S. 150).
- “Se lo Stato ha un interesse a tutelare la vita del feto dopo la viability’, può arrivare a vietare l’aborto durante tale periodo, salvo quando è necessario preservare la vita o la salute della madre” (410 U.S. 163-164).
In questo modo la gravidanza era divisa grosso modo in tre trimestri: nel primo trimestre l’aborto era consentito su indicazione medica, fino alla viability l’aborto era possibile per proteggere la vita o la salute della donna, per il periodo successivo la Roe non si esprime, ma questa lacuna viene colmata dalla sentenza gemella Doe v. Bolton.
3. La sentenza Doe v. Bolton (1973).
- Con essa la Corte Suprema aveva giudicato incostituzionali tre restrizioni contemplate dalla legislazione dello Stato della Georgia: l’aborto era consentito solo in una struttura ospedaliera, la richiesta doveva essere esaminata da una apposita commissione dell’ospedale, infine, l’indicazione doveva essere confermata da altri due medici.
- La Corte riteneva che l’aborto non dovesse essere necessariamente praticato in una struttura ospedaliera ma anche in altre strutture (cfr. U.S. 195): così equiparando l’aborto ad altri interventi chirurgici praticati ambulatorialmente, norme non previste per altri interventi chirurgici sarebbero ingiustificate e incostituzionali, perché avrebbero discriminato l’interruzione medica della gravidanza, avrebbero interferito indebitamente nel rapporto medico-paziente e avrebbero messo in dubbio la professionalità di un medico autorizzato a esercitare la libera professione e abituato a porre autonomamente l’indicazione per un intervento chirurgico e a decidere insieme al paziente se e come praticarlo.
- La sentenza Doe precisava anche che il concetto di salute deve essere inteso in modo ampio, “che il giudizio medico può essere esercitato tenendo conto di tutti i fattori – fisici, emotivi, psicologici, familiari e l’età della donna – rilevanti per il benessere (wellbeing) della paziente. Tutti questi fattori possono riguardare la salute. Ciò lascia al medico curante lo spazio di cui ha bisogno per esprimere il suo migliore giudizio medico” (410 U. S. p. 192). Indicazione per l’aborto non sarebbe più un pericolo per la vita o per la salute della donna ma anche solamente per il suo benessere.
4. La situazione dopo le sentenze Roe e Doe. Il 22 gennaio 1973 erano state abolite tutte le leggi che in ogni Stato dell’Unione avevano regolamentato l’aborto lasciando un vuoto legislativo con la difficoltà per i vari parlamenti di emanare nuove disposizioni sulla base dell’interesse, riconosciuto dalle due sentenze, di pretendere determinati standard di sicurezza per la pratica dell’aborto a tutela della salute della donna, ma anche a tutela del feto, conciliabili con i diritti della donna e del medico curante, egualmente tutelati dalla Costituzione.
In questa situazione di vuoto legislativo, subito dopo le sentenze sono sorte innumerevoli cliniche che hanno elaborato propri protocolli e proprie procedure che a volte non corrispondevano alle modalità previste dalle sentenze:
- Contrariamente alla chiara precisazione delle sentenze che il diritto all’aborto non è assoluto, e quindi soggetto a limitazioni, tale diritto è stato di fatto considerato come assoluto.
- La figura del consulto del medico curante con la gestante è per lo più scomparso, sostituito in alcuni casi da un messaggio di quattro minuti registrato da un medico qualsiasi in una segreteria telefonica.
- Le informazioni necessarie, come per ogni intervento medico, per il consenso informato sono state spesso fornite dal personale della clinica e in modo sommario, mentre la donna ha incontrato un medico solo immediatamente prima dell’aborto.
Se la legge delle Georgia consentiva l’aborto qualora la prosecuzione della gravidanza avesse messo in pericolo la vita della donna incinta o avesse danneggiato gravemente e permanentemente la sua salute (cfr. 410 U. S. 183), la sentenza Doe non parlava più di danno grave e permanente alla salute ma di fattori rilevanti per il benessere della donna. Le leggi sull’aborto hanno mostrato un cambiamento progressivo: da quelle che lo consentivano solo per tutelare la vita della gestante, si è passato ad altre che consentivano l’aborto se c’era il rischio di conseguenze gravi e permanenti per la salute e alla fine il concetto di salute, che comporta anche quello di malattia, è stato sostituito da un generico ‘benessere’.
Anche Stati liberali in materia si sono resi conto delle ambiguità e della debolezza delle sentenze Roe e Doe, tanto nell’ammettere l’interesse di uno Stato a regolamentare l’aborto, quanto nel fondare il diritto all’aborto sulla Costituzione americana. La Corte Suprema del New Jersey ha riconosciuto che nei due casi Right to Choose v. Byrne, 91 N.J. 287 (1982) and Planned Parenthood of Cent. N.J. v. Farmer, 165 N.J. 609 (2000), “il diritto alla scelta riproduttiva è un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione dello Stato, che questo diritto è indipendente dalla Costituzione degli Stati Uniti e che l’articolo I, paragrafo 1 della Costituzione del New Jersey è indipendente, e protegge l’autonomia riproduttiva in misura che supera le tutele stabilite dalla Costituzione degli Stati Uniti”. Il 16 gennaio 2002 il parlamento del New Jersey ha promulgato una legge che proibisce ogni restrizione al diritto all’aborto e che annulla ogni legge, norma, disposizione ecc. che limita tale diritto[7].
5. Planned Parenthood of Southeastern Pennsylvania v. Casey. La sentenza del 24 giugno 2022, sottolineando che già la Casey aveva modificato in parte la Roe sostituendo lo schema dei trimestri con “una regola di incerta origine che non consentirebbe allo Stato di adottare restrizioni che imporrebbero alla donna un onere indebito (undue burden) al suo diritto di interrompere la gravidanza. La decisione non fornisce una chiara indicazione sulla differenza tra onere sostenibile (due) ed eccessivo” (597 U.S. p. 4).
I giudici della causa Casey hanno esposto opinioni differenti sulla Roe: due giudici erano del parere di non cambiarla in alcun modo, quattro invece avrebbero voluto annullarla del tutto , gli altri tre giudici hanno manifestato una terza posizione, così è stato deciso di seguire la Roe nella maggioranza delle sue parti. (597 U.S. p. 3).
6. Il Gestational Age Act (House Bill N. 1510) dello Stato del Mississippi (2018). La legge ricorda che “Gli Stati Uniti sono una delle sole 10 nazioni al mondo che consentono un aborto non terapeutico o elettivo a richiesta (abortion-on-demand) dopo la ventesima settimana di gravidanza” e ritiene necessario prendere atto delle nuove conoscenze dell’embriologia, cioè che:
“1. tra la quinta e la sesta settimana di gravidanza il cuore di un essere umano non nato comincia a battere.
2. Un essere umano non nato incomincia a muoversi nel grembo della madre approssimativamente all’ottava settimana di gravidanza.
3. Alla nona settimana di gravidanza tutte le funzioni fisiologiche basali sono presenti. Denti e occhi sono presenti, così come gli organi genitali esterni.
4. Gli organi vitali dell’essere umano non nato iniziano a funzionare nella decima settimana di gravidanza. Anche i capelli, le unghie delle mani e dei piedi iniziano a formarsi.
5. All’undicesima settimana di gestazione, il diaframma di un essere umano non ancora nato si sta sviluppando e potrebbe persino avere un singhiozzo. Lui o lei sta cominciando a muoversi liberamente nel grembo materno.
6. Alla dodicesima settimana di gestazione, un essere umano non ancora nato può aprire e chiudere la mano, inizia a fare movimenti di suzione e percepisce la stimolazione dal mondo esterno all’utero. È importante sottolineare che lui o lei ha assunto “la forma umana” in tutti gli aspetti rilevanti. (Gonzales v. Carhart, 550 U.S. 124, del 2007, p. 160).
7. La Corte Suprema ha da tempo riconosciuto che lo Stato del Mississippi ha un “interesse importante e legittimo a proteggere il potenziale della vita umana”, (Roe v. Wade, 410 U.S. 113, p. 162), e in particolare che “lo stato ha un interesse a proteggere la vita del nascituro”. (Planned Parenthood of Southeastern Pennsylvania v. Casey, 505 US 833) e a 12 settimane l’essere umano non nato “ha assunto la forma umana in tutti gli aspetti rilevanti.
8. La maggior parte delle procedure per l’interruzione della gravidanza eseguite dopo la quindicesima settimane sono procedure di dilatazione ed evacuazione che comportano l’uso di strumenti chirurgici per schiacciare e lacerare il nascituro prima di rimuovere i pezzi del bambino morto dall’utero. Il Legislatore ritiene che la partecipazione intenzionale a tali atti per ragioni non terapeutiche o elettive è una pratica barbara, pericolosa per la madre e umiliante per la professione medica”.
La legge ricorda poi che “L’aborto comporta rischi fisici e psicologici significativi per la paziente materna e questi rischi fisici e psichici aumentano con l’età gestazionale. In particolare, negli aborti eseguiti dopo l’ottava settimana i relativi rischi fisici e psichici aumentano esponenzialmente con l’aumento dell’età gestazionale”.
Dato che: “Lo Stato del Mississippi ha anche ‘interessi legittimi fin dall’inizio della gravidanza a proteggere la salute delle donne’. (Planned Parenthood of Southeastern Pennsylvania v. Casey, 505 U.S. 833, p. 847), poiché “le conseguenze mediche, emotive e psicologiche dell’aborto sono gravi e possono essere durature…” H.L. v. Matheson, 450 U.S. 398 del 1981, p 411), […] è intenzione del legislatore, attraverso la presente legge e qualsiasi regolamento o norma promulgata di seguito, a limitare la pratica dell’aborto non terapeutico o elettivo al periodo fino alla quindicesima settimana di gestazione”.
7. La sentenza del 24 giugno 2022 critica le sentenze Roe e Casey ed espone la natura dell’errore nel quale esse sono cadute (pp. 43-45), la qualità del suo ragionamento (pp. 45-56), la ‘applicabilità’ (“workability”) delle leggi imposte al paese (pp. 56-62), il loro effetto dirompente su altri settori del diritto (pp. 62-63) e l’assenza di una concreta affidabilità (pp. 63-66). I punti qualificanti della sentenza sono i seguenti:
- La Corte aveva usurpato la facoltà di occuparsi di una questione di profonda importanza morale e sociale che la Costituzione delega al popolo.
- La divisione in tre trimestri con differenti regolamentazione non ha fondamento; durante il primo trimestre lo Stato non potrebbe far valere il suo interesse a tutela della salute della donna perché la mortalità per aborto nel primo trimestre sarebbe minore che nel resto della gravidanza e per il parto, ma non viene spiegato perché si dovrebbe prendere in considerazione solamente il fattore mortalità e non altri aspetti della salute; se il concetto di persona è legato a certe facoltà psichiche come autocoscienza e raziocinio, sarebbe una questione aperta se anche il neonato, il bambino con gravi deficit di sviluppo possono godere della tutela come persona; il concetto di viability è vago perché la capacità di vivere al di fuori del grembo materno dipende anche dalla qualità delle strutture mediche disponibili, la viability dipende inoltre da alcune variabili che rendono difficile per il medico stabilire se il feto è già capace di vivere al difuori del grembo materno, si dovrebbe quindi parlare piuttosto di probabilità di sopravvivenza, con la difficoltà di stabilire se è del 10, 25 o 50 per cento.
- A proposito della ‘applicabilità’ (“workability”) la bozza sostiene che “I nostri precedenti suggeriscono che un’altra considerazione importante nel decidere se un precedente debba essere annullato è se la regola che impone è praticabile, cioè se può essere compresa e applicata in modo coerente e prevedibile”.
Un passaggio della Casey, “Le norme sanitarie non necessarie che hanno lo scopo o l’effetto di presentare un ostacolo sostanziale a una ‘donna che abortisce impongono un onere indebito sul diritto” (505 U.S. 878) conterrebbe addirittura tre concetti che possono essere interpretati in modo non univoco: se una norma è necessaria, se un ostacolo può essere definito sostanziale e se un onere è indebito o no.
La conclusione è che “l’aborto pone una questione morale profonda. La Costituzione non proibisce ai cittadini degli Stati di regolamentare o proibire l’aborto. Roe e Casey si arrogano questa autorità. Noi annulliamo queste decisioni e restituiamo questa autorità al popolo e ai suoi rappresentanti eletti” (597 U.S. p. 69).
In previsione di un possibile annullamento delle sentenze a favore dell’aborto da parte della Suprema Corte, alcuni Parlamenti di singoli States hanno promulgato leggi che regolano l’aborto, alcuni in senso più restrittivo, altri in senso più liberale. Il Colorado, per esempio, ha varato il 4 aprile 2022 una legge che priva l’essere umano prima della nascita di ogni diritto: “un uovo fecondato, un embrione o un feto non ha diritti indipendenti o derivati ai sensi della legge dello Stato”[8], rendendo superflue le distinzioni della gravidanza in diverse fasi e le discussioni sull’inizio della vita o sulla dimensione personale del bambino non nato e privandolo quindi della possibilità di essere tutelato da leggi dello stato, ammettendo di fatto anche la possibilità in interrompere la gravidanza fino al momento della nascita. Dunque, la discussione è aperta.
Ermanno Pavesi
[1] Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization | Oyez
[2] Roe v. Wade :: 410 U.S. 113 (1973) :: Justia US Supreme Court Center
[3] Planned Parenthood of Southeastern Pa. v. Casey :: 505 U.S. 833 (1992) :: Justia US Supreme Court Center
[4] 19-1392 Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization (06/24/2022) (supremecourt.gov), consultata il 24 giugno 2022. Una nota precisa che questa ‘opinione della Corte’ è ancora passibile di revisione prima della pubblicazione negli United States Reports.
[5] Principio per cui si conferma la validità di decisioni precedenti.
[6] Doe v. Bolton :: 410 U.S. 179 (1973) :: Justia US Supreme Court Center
[7] Bill Text: NJ A6260 | 2020-2021 | Regular Session | Introduced | LegiScan
[8] Reproductive Health Equity Act | Colorado General Assembly