L’esempio di Maria, sorella di Marta e Lazzaro, rovescia i parametri umani e ci ricorda il primato che va dato a Dio
di Michele Brambilla
«Il Vangelo della liturgia di questa domenica», annuncia Papa Francesco ai fedeli dell’Angelus del 17 luglio, «ci presenta un vivace quadretto domestico con Marta e Maria, due sorelle che offrono ospitalità a Gesù nella loro casa (cfr Lc 10,38-42). Marta si dà subito da fare per l’accoglienza degli ospiti, mentre Maria si siede ai piedi di Gesù per ascoltarlo. Allora Marta si rivolge al Maestro e gli chiede di dire a Maria che l’aiuti». Per il Papa «la lamentela di Marta non sembra fuori luogo; sentiamo anzi di darle ragione. Eppure Gesù le risponde: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una sola cosa c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” (Lc 10,41-42). È una risposta che sorprende», dato che «la “filosofia” di Marta sembra questa: prima il dovere, poi il piacere», e di primo acchito la sottoscriveremmo tutti.
Gesù non ci insegna a scantonare i doveri, ma stabilisce, in realtà, una gerarchia: «Maria ha intuito che c’è una “parte migliore” a cui va dato il primo posto. Tutto il resto viene dopo, come un corso d’acqua che scaturisce dalla sorgente. E così ci domandiamo: che cos’è questa “parte migliore”? È l’ascolto delle parole di Gesù». Così è per la stessa società umana: i doveri nei confronti di Dio vengono prima di quelli verso il prossimo, altrimenti si rischia di fuorviare il bene che facciamo. «La parola di Gesù», infatti, «non è astratta, è un insegnamento che tocca e plasma la vita, la cambia, la libera dalle opacità del male, appaga e infonde una gioia che non passa: la parola di Gesù è la parte migliore, quella che aveva scelto Maria. Per questo lei le dà il primo posto: si ferma e ascolta», ovvero assume un contegno che mostra anche all’esterno che si sta compiendo un atto di culto. Questa pagina evangelica ci insegna non solo a non ledere il primato del Signore, ma anche il gusto per una liturgia “ben fatta”, ovvero degna del Celebrato, «altrimenti si riduce a un affannarsi e agitarsi per molte cose, si riduce a un attivismo sterile», puramente “orizzontale”. Il Papa suggerisce, in questo tempo di vacanze, di trovare spazi da dedicare alla contemplazione e alla lectio divina. «Lasciamoci interrogare da quelle pagine, domandandoci», insiste, «come sta andando la nostra vita, la mia vita, se è in linea con ciò che dice Gesù o non tanto»
Il Pontefice cita l’esempio di un altro confratello gesuita, che nell’epoca del confronto più aspro tra cattolici e protestanti seppe tenere unite le dimensioni “verticale” e “orizzontale”: «ieri a Ellwangen (Germania) è stato beatificato Giovanni Filippo Jeningen, sacerdote della Compagnia di Gesù, vissuto in Germania nella seconda metà del XVII secolo. Svolse il suo ministero tra le popolazioni rurali del Ducato di Württemberg. Instancabile annunciatore del Vangelo, raggiunse persone di ogni classe sociale, animato da grande spirito apostolico e da una speciale devozione mariana» che conquistò molti cuori induriti dal peccato e dal luteranesimo.
Il “metodo Jeningen”, purtroppo, non è sempre stato seguito in Canada: il Santo Padre intraprenderà tra pochi giorni quello che lui stesso definisce un «pellegrinaggio penitenziale», richiesto dalle comunità indigene locali. Tuttavia, lo stesso motto del viaggio apostolico, Walking together (Camminare assieme), non riduce l’itinerario papale ad un semplice mea culpa, ma prelude ad un percorso di riconciliazione che ha come obbiettivo il rilancio della nuova evangelizzazione.
Lunedì, 18 luglio 2022