Leggendo le vite dei santi durante la convalescenza seguita all’assedio di Pamplona, sant’Ignazio di Loyola ha messo ordine nei suoi pensieri e scoperto un cavalierato più alto di quello terreno, prendendo infine bandiera per Cristo
di Michele Brambilla
Papa Francesco pone al centro dell’udienza del 7 settembre un episodio cardine della vita del fondatore del suo ordine religioso di appartenenza, i Gesuiti. Per spiegare il discernimento mette a fuoco, infatti, la convalescenza di sant’Ignazio di Loyola dopo l’assedio di Pamplona, città del regno di Navarra, allora conteso tra Spagna e Francia. Nel 1521, quindi, «Ignazio si trova a casa convalescente, dopo essere stato ferito in battaglia a una gamba. Per scacciare la noia chiede qualcosa da leggere», ma nel castello avito ci sono solo dei libri agiografici, che parlano, cioè, delle vite dei santi. «Un po’ a malincuore», ricorda il Papa, «si adatta, ma nel corso della lettura comincia a scoprire un altro mondo, un mondo che lo conquista e sembra in concorrenza con quello dei cavalieri» così come lo concepiva il giovane Ignazio.
Si accorge, infatti, della presenza in se stesso di umori differenti. «Pensando alle cose del mondo – e alle cose cavalleresche, si capisce – provava molto piacere, ma quando, per stanchezza, le abbandonava si sentiva vuoto e deluso. Invece, andare a Gerusalemme a piedi nudi, non cibarsi che di erbe, praticare tutte le austerità che aveva conosciute abituali ai santi, erano pensieri che non solo lo consolavano mentre vi si soffermava, ma anche dopo averli abbandonati lo lasciavano soddisfatto e pieno di gioia», scrisse il santo nella sua Autobiografia. Era la scoperta del mondo delle tendenze profonde, e anche degli stati di consolazione e desolazione spirituale.
«In questa esperienza», riassume il Pontefice, «possiamo notare soprattutto due aspetti. Il primo è il tempo: cioè i pensieri del mondo all’inizio sono attraenti, ma poi perdono smalto e lasciano vuoti, scontenti, ti lasciano così, una cosa vuota. I pensieri di Dio, al contrario, suscitano dapprima una certa resistenza – “Ma questa cosa noiosa dei santi non andrò a leggere”, ma quando li si accoglie portano una pace sconosciuta», ma duratura. «Ecco allora l’altro aspetto: il punto di arrivo dei pensieri. All’inizio la situazione non sembra così chiara», ma nel discernimento Ignazio riesce a comprendere cosa gli riempie davvero il cuore e ad incamminarsi verso la santità.
Questo è possibile solo diradando le voci esterne e guardando al proprio mondo interiore. Come ripete il Papa, «è questo che noi dobbiamo imparare: ascoltare il proprio cuore: per conoscere cosa succede, quale decisione prendere, fare un giudizio su una situazione, occorre ascoltare il proprio cuore. Noi ascoltiamo la televisione, la radio, il telefonino, siamo maestri dell’ascolto, ma ti domando: tu sai ascoltare il tuo cuore? Tu ti fermi per dire: “Ma il mio cuore come sta? È soddisfatto, è triste, cerca qualcosa?” . Per prendere delle decisioni belle occorre ascoltare il proprio cuore», dentro il quale è iscritta da sempre la nostra esigenza di Infinito.
Per Ignazio la convalescenza fu il primo impatto con dei pensieri spirituali, mentre di solito «c’è una storia che precede chi discerne, una storia che è indispensabile conoscere, perché il discernimento non è una sorta di oracolo o di fatalismo o una cosa di laboratorio, come gettare la sorte su due possibilità. Le grandi domande sorgono quando nella vita abbiamo già fatto un tratto di strada, ed è a quel percorso che dobbiamo tornare per capire cosa stiamo cercando». Proprio «per questo Ignazio suggerirà di leggere le vite dei santi, perché mostrano in modo narrativo e comprensibile lo stile di Dio nella vita di persone non molto diverse da noi perché i santi erano di carne ed ossa come noi. Le loro azioni parlano alle nostre e ci aiutano a comprenderne il significato».
L’uomo intuisce che «c’è un’apparente casualità negli accadimenti della vita: tutto sembra nascere da un banale contrattempo: non c’erano libri di cavalieri, ma solo vite di santi. Un contrattempo che però racchiude una possibile svolta. Solo dopo un po’ di tempo Ignazio se ne accorgerà, e a quel punto vi dedicherà tutta la sua attenzione. Ascoltate bene: Dio lavora attraverso eventi non programmabili», anche i più banali. «Un consiglio che vi do, state attenti alle cose inattese. Colui che dice: “ma questo per caso io non lo aspettavo”. Lì ti sta parlando la vita, ti sta parlando il Signore o ti sta parlando il diavolo? Qualcuno» ci ha messo sicuramente lo zampino: bisogna capire bene chi è stato. Allora «il discernimento è l’aiuto a riconoscere i segnali con i quali il Signore si fa incontrare nelle situazioni impreviste, perfino spiacevoli, come fu per Ignazio la ferita alla gamba. Da esse può nascere un incontro che cambia la vita, per sempre, come il caso di Ignazio».
Gli “imprevisti” di Dio sono molto diversi, purtroppo, da certi “programmi” umani, ovvero quando l’uomo sceglie scientemente il male e danneggia la propria o l’altrui esistenza. «Di fronte a tutti gli scenari di guerra del nostro tempo, chiedo a ciascuno di essere costruttore di pace e di pregare», dice il Santo Padre, «perché nel mondo si diffondano pensieri e progetti di concordia e di riconciliazione. Oggi stiamo vivendo una guerra mondiale», ripete ancora una volta pensando all’Ucraina: «fermiamoci per favore».
Giovedì, 8 settembre 2022