Collegando il congresso interreligioso a cui ha partecipato nel recente viaggio apostolico agli interventi dei precedenti Pontefici, il Papa ribadisce l’importanza di garantire a tutti i credenti la necessaria libertà religiosa
di Michele Brambilla
Papa Francesco dedica l’udienza del 21 settembre alla valutazione del viaggio in Kazakhstan. Un primo elogio viene rivolto al governo civile, perché «il motivo principale del viaggio è stato di prendere parte al Congresso dei Leader delle religioni mondiali e tradizionali. Questa iniziativa è portata avanti da vent’anni dalle Autorità del Paese, che si presenta al mondo come luogo di incontro e di dialogo, in questo caso a livello religioso, e quindi come protagonista nella promozione della pace e della fratellanza umana. È stata la settima edizione di questo congresso: un Paese che ha 30 anni di indipendenza, ha fatto già 7 edizioni di questi congressi, uno ogni tre anni», sottolinea il Pontefice. «Questo significa mettere le religioni al centro dell’impegno per la costruzione di un mondo in cui ci si ascolta e ci si rispetta nella diversità. E questo non è relativismo, no», rimarca il Santo Padre: «è ascoltare e rispettare. E di questo va dato atto al Governo kazako, che, dopo essersi liberato dal giogo del regime ateistico, ora propone una strada di civiltà, condannando nettamente fondamentalismi ed estremismi. È una posizione equilibrata e di unità». Il Papa sottolinea dei governanti locali il rifiuto delle armi nucleari e le politiche ambientali, ritenendo molto coraggioso che «in un momento di questa tragica guerra dove alcuni pensano alle armi nucleari – una pazzia – questo paese già dall’inizio dice “no” alle armi nucleari».
«Il Congresso ha discusso e approvato la Dichiarazione finale, che» secondo il Pontefice «si pone in continuità con quella firmata ad Abu Dhabi nel febbraio 2019 sulla fratellanza umana. Mi piace interpretare questo passo avanti come frutto di un cammino che parte da lontano: penso naturalmente allo storico Incontro interreligioso per la pace convocato da San Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986, tanto criticato dalla gente che non aveva lungimiranza; penso allo sguardo lungimirante di San Giovanni XXIII e San Paolo VI; e anche a quello di grandi anime di altre religioni – mi limito a ricordare il Mahatma Gandhi», di cui ha grande stima. «Ma come non fare memoria di tanti martiri, uomini e donne di ogni età, lingua e nazione, che hanno pagato con la vita la fedeltà al Dio della pace e della fraternità», domanda il Papa, dando alla qualifica di “martire” una valenza molto larga, che sembra ecumenica, per non dire interreligiosa.
Ecco quindi l’elogio della Chiesa locale: «i cattolici sono pochi in quel Paese così vasto. Ma questa condizione, se vissuta con fede, può portare frutti evangelici: anzitutto la beatitudine della piccolezza, dell’essere lievito, sale e luce contando unicamente sul Signore e non su qualche forma di rilevanza umana. Inoltre la scarsità numerica invita a sviluppare le relazioni con i cristiani di altre confessioni, e anche la fraternità con tutti». Il Santo Padre specifica che «abbiamo ricordato anche quella parte grigia, i martiri: i martiri di quel Popolo santo di Dio – perché ha sofferto decenni di oppressione ateistica, fino alla liberazione 30 anni fa – uomini e donne che hanno sofferto tanto per la fede nel lungo periodo della persecuzione», in modo che non ci siano più dubbi sul fatto che si stia riferendo ai martiri cattolici, o perlomeno cristiani, dell’era sovietica. Il ricordo della Messa celebrata il 14 settembre permette al Papa di rimettere Cristo al centro del cosmo: «era la festa della Santa Croce. E questo ci fa riflettere: in un mondo nel quale progresso e regresso si intrecciano, la Croce di Cristo rimane l’ancora di salvezza».
L’accenno alle armi nucleari richiama «la terribile situazione della martoriata Ucraina. Il Cardinale Krajewski è andato lì per la quarta volta. Ieri mi ha telefonato, lui sta spendendo tempo lì, aiutando nella zona di Odessa, dando tanta vicinanza. Mi ha raccontato il dolore di questo popolo, le azioni selvagge, le mostruosità, i cadaveri torturati che trovano. Uniamoci a questo popolo così nobile e martire», aggettivi che si riconnettono a quanto detto sui cattolici perseguitati dal comunismo.
Giovedì, 22 settembre 2022