Amare Dio come un amico, per aderire con tutto il cuore al suo disegno su di noi
di Michele Brambilla
Il 28 settembre Papa Francesco riprende il ciclo di udienze sul discernimento e spiega che, per discernere correttamente, occorre immergersi nella preghiera. «La preghiera», ricorda il Pontefice, «è un aiuto indispensabile per il discernimento spirituale, soprattutto quando coinvolge gli affetti, consentendo di rivolgerci a Dio con semplicità e familiarità, come si parla a un amico. È saper andare oltre i pensieri, entrare in intimità con il Signore, con una spontaneità affettuosa. Il segreto della vita dei santi è la familiarità e confidenza con Dio, che cresce in loro e rende sempre più facile riconoscere quello che a Lui è gradito».
Il Papa rammenta anche che «il discernimento non pretende una certezza assoluta», dato che solo Dio conosce davvero tutti i particolari del suo progetto. Spesso «vorremmo sapere con precisione cosa andrebbe fatto, eppure, anche quando capita, non per questo agiamo sempre di conseguenza. Quante volte abbiamo fatto anche noi l’esperienza descritta dall’apostolo Paolo, che dice così: “Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio” (Rm 7,19). Non siamo solo ragione, non siamo macchine, non basta ricevere delle istruzioni per eseguirle». In noi si muovono anche le conseguenze del peccato originale, che condiziona il nostro libero arbitrio. Per Francesco «è significativo che il primo miracolo compiuto da Gesù nel Vangelo di Marco sia un esorcismo (cfr Mc 1,21-28)» e sottolinea che «l’indemoniato, di quel brano di Vangelo, sa che Gesù è Dio, ma questo non lo porta a credere in Lui».
Infatti «molti, anche cristiani, pensano la medesima cosa: che cioè Gesù possa anche essere il Figlio di Dio, ma dubitano che voglia la nostra felicità; anzi, alcuni temono che prendere sul serio la sua proposta, quello che Gesù ci propone, significhi rovinarsi la vita, mortificare i nostri desideri, le nostre aspirazioni più forti». Il Signore, invece, ci ha creati per la gioia e vuole solo il nostro bene e «chi si allontana dal Signore non è mai contento, pur avendo a propria disposizione una grande abbondanza di beni e possibilità», come il giovane ricco di un altro celebre episodio evangelico.
Il Santo Padre osserva che «discernere cosa succede dentro di noi non è facile, perché le apparenze ingannano, ma la familiarità con Dio può sciogliere in modo soave dubbi e timori, rendendo la nostra vita sempre più ricettiva alla sua “luce gentile”, secondo la bella espressione di San John Henry Newman. I santi brillano di luce riflessa e mostrano nei semplici gesti della loro giornata la presenza amorevole di Dio, che rende possibile l’impossibile. Si dice che due sposi che hanno vissuto insieme tanto tempo volendosi bene finiscono per assomigliarsi. Qualcosa di simile si può dire della preghiera affettiva»: pregando, si tende ad assomigliare sempre di più a Colui che è il Sommo Bene. Allora «chiediamo questa grazia: di vivere una relazione di amicizia con il Signore, come un amico parla all’amico (cfr S. Ignazio di L., Esercizi spirituali, 53)». Il Papa racconta la vicenda di un religioso, da lui conosciuto, che, facendo il frate-portinaio, «ogni volta che poteva si avvicinava alla cappella, guardava l’altare, diceva: “Ciao”, perché aveva vicinanza con Gesù». Anche Dio rimane alla nostra porta: «Lui rimane alla porta del cuore. “No, io con te non voglio sapere nulla”, diciamo noi. E Lui rimane zitto, rimane lì a portata di mano, a portata di cuore perché Lui sempre è fedele», sa che, prima o poi, gli riapriremo. Egli è la nostra eterna felicità.
Giovedì, 29 settmbre 2022