Il 19 marzo, a Genova, presso il Palazzo Ducale, sede dei Dogi della città, nella prestigiosa cornice del Salone del Minor Consiglio, si è tenuto il convegno dal titolo Cancel culture. Dalla «battaglia delle idee» alla «guerra culturale». Tra un mondo che nasce e uno che muore, organizzato da Alleanza Cattolica.
Marco Dufour, dell’organismo promotore, ha aperto i lavori con un indirizzo di saluto, presentando poi i vari relatori. Nel primo intervento, Marco Invernizzi, reggente nazionale di Alleanza Cattolica, ha illustrato le motivazioni alla base del convegno. La cancel culture è la fase terminale di un processo plurisecolare volto alla distruzione della civiltà costruita in Europa dopo la prima evangelizzazione cristiana: una civiltà che ha avuto il suo apogeo nel Medioevo, è ben visibile nel patrimonio artistico del Bel Paese e ancora si percepisce nelle relazioni, nelle istituzioni e nei costumi. Rispetto alla Rivoluzione culturale del Sessantotto –– il cui scopo era quello di cambiare l’uomo, recidendo ogni legame naturale e sociale –– la cancel culture fa un passo in avanti, perché vuole imporre una cancellazione radicale del passato, come se non fosse mai esistito.
Non è, dunque, solo questione di qualche statua imbrattata — ha sostenuto Invernizzi — né di eliminare lo studio della storia o di utilizzare criteri in linea con sensibilità diffuse nel presente per giudicare il passato, e neppure di offrire una narrazione che conduca al disprezzo delle civiltà trascorse. Si tratta, invece, di cancellare la memoria delle proprie radici, di eliminare l’idea che sia esistito un altro modo di vivere rispetto a quello contemporaneo. E il modo in cui si vuole operare la cancellazione è particolarmente violento: il passato non deve più esistere, la Rivoluzione lo ha cancellato perché l’«uomo nuovo» ha preso possesso di tutta la realtà, anche quella trascorsa.
Si tratta di una forma di gnosticismo moderno, secondo la felice intuizione di Eric Voegelin (1901-1985), che ha sottolineato come i movimenti con un sostrato gnostico utilizzino la violenza fisica e psicologica per imporre la Rivoluzione a uomini refrattari. La violenza — precisa Invernizzi — può essere esercitata anche privando i giovani dell’accesso alle radici spirituali e culturali, oppure imponendo di fatto il divieto di fare domande, innanzitutto negli ambienti accademici. Per questo motivo, è compito di Alleanza Cattolica, che svolge un apostolato culturale, denunciare il pericolo, descriverlo e indicare vie di uscita dalla crisi che attanaglia il mondo occidentale. Trovarle non è semplice, ma provare a individuarle è doveroso, continuando a coltivare l’esigua forma di vita che sopravvive nel corpo devastato dalla malattia, perché possa nascere una nuova esistenza, robusta e duratura: un mondo che nasce dentro un mondo che muore.
Successivamente ha preso la parola il sindaco Marco Bucci, che ha sottolineato come questa offensiva culturale volta a cancellare il passato abbia colpito anche la città di Genova. Riferendosi all’abbattimento delle statue di Cristoforo Colombo, soprattutto negli Stati Uniti d’America, ha precisato: «Abbiamo protestato con tutte le città americane in cui è successo. È totalmente inaccettabile e non mi rassegno alla cancel culture, specie quando riguarda un nostro illustre concittadino».
È intervenuta poi Laura Boccenti, già docente di storia e filosofia e dirigente scolastico nei licei, di Alleanza Cattolica. Nella sua relazione — Cancellare la cultura per cancellare l’uomo (in questo numero, alle pp. 39-54) — ha inquadrato il fenomeno mediante un excursus sulla cultura propria del mondo occidentale, esito della fusione di quella greca con la romana, innestata poi su quella giudaico-cristiana, e ha ricostruito il percorso con cui si è giunti alla cancel culture, alla cui base vi è un vero e proprio «antiumanesimo», che vuole distruggere le relazioni che l’uomo ha rispettivamente con Dio, con il creato e con i propri simili.
A seguire si è svolta una tavola rotonda intitolata La cancel culture nella scuola, nell’università e nella vita pubblica. Come uscirne? e moderata da Domenico Airoma, procuratore della Repubblica di Avellino e reggente nazionale vicario di Alleanza Cattolica. Vi hanno preso parte Peter Gregory Boghossian, già professore di Filosofia all’Università statale di Portland, negli Stati Uniti d’America; la scrittrice Paola Mastrocola, che ha insegnato italiano e latino nei licei; il giornalista de Il Foglio Giulio Meotti; il sociologo Luca Ricolfi, professore all’Università degli Studi di Torino e presidente della Fondazione David Hume; Giovanni Orsina, professore di Storia contemporanea alla LUISS Guido Carli di Roma.
Domenico Airoma ha esordito proponendo una sintesi delle relazioni svolte in precedenza: il movimento della cancel culture non si propone di eliminare «qualunque» cultura, ma precisamente quella che ha ispirato e dato «il senso» all’Occidente, cioè la cultura cristiana, di cui dovremmo sentirci colpevoli e il cui mero apprezzamento renderebbe moralmente riprovevoli. Mentre l’ideologia gender vuole distruggere il corpo, la cancel culture vuole annientare l’anima di un mondo.
Il professor Boghossian –– dimessosi dai propri incarichi accademici dopo aver sperimentato limitazioni delle libertà di espressione e di pensiero impostegli dall’istituzione universitaria in nome dell’equità razziale e della giustizia sociale –– ha precisato che la cancel culture non si traduce solamente in una sorta di boicottaggio di celebrità e di personaggi famosi: chiunque può diventarne vittima perché, in base a questa ideologia, vi sono prese di posizione o identità culturali che non possono essere «perdonate», meritando la «cancellazione» da parte delle comunità in cui si è inseriti.
La professoressa Mastrocola, autrice con Luca Ricolfi dell’opera Il danno scolastico, edito da La Nave di Teseo, ha invitato risolutamente a non utilizzare i criteri e gli stereotipi del momento per giudicare le opere del passato. L’assunzione di questo punto di vista comporta esiti parossistici, per esempio a proposito della mitologia classica greco-romana che avrebbe un carattere intrinsecamente diseducativo e che, perciò, andrebbe espunta dalle scuole: Giove e altri dei dell’Olimpo, infatti, non sarebbero stati altro che stupratori seriali.
Giulio Meotti, un osservatore della prima ora degli esiti dispotici della cultura della cancellazione, soprattutto Oltreoceano, ha osservato che le prime vittime di questa azione sistematica di annientamento culturale sono coloro che fanno riferimento alla tradizione. Vi sono una visione colpevolizzante e mortificante di tutta la storia europea e un potente odio di sé. In Inghilterra non vi è un personaggio storico illustre che non venga messo in discussione. La guerra in Ucraina ha causato la cancellazione di tutto ciò che fa riferimento alla Russia, iniziando dai grandi musicisti russi del Novecento. In Francia è stato cancellato il nome di Aleksandr Solženicyn (1918-2008), un dissidente che ha trascorso anni nei gulag, ma che aveva il difetto di essere un conservatore e un cristiano slavofilo.
Per Ricolfi non vi è alcuna possibilità di riparare il danno arrecato a intere generazioni di studenti italiani: a suo avviso una riforma della scuola italiana non ha nessuna probabilità di riuscita e la maggioranza delle famiglie non sono interessate alla trasmissione culturale per i propri figli. Il «politicamente corretto» non è più un fenomeno omogeneo, ma una costellazione di fenomeni, una grande piovra con tanti tentacoli, fra cui il tema del mix gender, da lui definito «follemente corretto».
Il professor Orsina ha definito la cancel culture un fenomeno di natura politica, l’«ultimo avatar» della tradizione rivoluzionaria occidentale, nella sua componente meno grandiosa e più meschina. Dalla tradizione rivoluzionaria recepisce l’ateismo, inteso come eliminazione di Dio, che propone come scelta politica e non come conclusione di un ragionamento filosofico. L’individuo non è neanche più riguardato come un essere razionale che della tradizione dovrebbe ripudiare ciò che non è spiegabile razionalmente, ma un essere dotato pressoché esclusivamente di una componente vitale, emotiva, in nome della quale cancellare la tradizione in quanto tale. Orsina ha però chiuso il suo intervento con un messaggio di speranza: questo fenomeno non sarebbe destinato a durare; essendo così lontano dal senso comune degli uomini e così attraversato da contraddizioni, non potrà non suscitare una forte reazione contro di esso.
L’ultimo intervento, intitolato La Verità e la Bellezza per non arrendersi, è stato di Lorenzo Cantoni, professore all’Università della Svizzera italiana di Lugano, di Alleanza Cattolica, che ha proposto tre percorsi di «recupero» in contrapposizione alla cancel culture. Il primo consiste nel ritorno a una discussione sulla verità e sul senso delle istituzioni universitarie, anche come esito di un itinerario che rischia di degradarle a luogo di mera formazione professionale o di vacuo esercizio retorico. Il secondo vede nella lingua e nelle reazioni a certi sforzi di modificarne le strutture per ragioni ideologiche un luogo di «resistenza» e ancoraggio al bene comune, che essa rappresenta e promuove. Il terzo è una via pulchritudinis che, attraverso un rinnovato interesse per l’arte e la bellezza, possa aiutarci a riconoscervi un elemento d’incontro con il senso della realtà e della vita. A partire da questi tre percorsi, Cantoni invita innanzitutto a recuperare l’essenziale nelle pratiche educative, riprendendo la traiettoria del Trivio, escogitata nella tarda latinità, in un’epoca contrassegnata dal crepuscolo dell’Impero Romano d’Occidente: saper pensare bene (Dialettica/Logica) e saper comunicare in modo comprensibile agli altri (Grammatica), e in modo tale da esser loro gradito (Retorica). In secondo luogo, ricorda come tutti noi abbiamo il compito sia di denunciare le derive anti-umane di certe ideologie, sia di lavorare per costruire un mondo migliore.
L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui media nazionali e su vari siti internet.