UN VOTO TRASVERSALE PER AFFERMARE IN MODO NETTO: “MAI PIÙ”
DI LUCIANO CAPONE, dal “il Foglio” on line del 15/11/2022
L’ultimo sabato di novembre in Ucraina è dedicato alla commemorazione dell’Holodomor, lo “sterminio per fame” attuato dall’Unione Sovietica per piegare la resistenza dei contadini ucraini alla collettivizzazione e liquidare l’èlite nazionale. La carestia, manifestatasi già nella primavera del 1932 a seguito della collettivizzazione del 1930-31, e poi attenuata dal raccolto, fu aggravata scientemente a fine anno da una dura politica di requisizione del raccolto e di restrizione della mobilità per chi cercava di migrare verso le città in cerca di cibo, per colpire contemporaneamente la regione più ricca di grano e quella meno affidabile per la sua storia, la sua composizione sociale e le sue tradizioni nazionali. Si è trattato del più imponente massacro della storia europea del XX secolo dopo la Shoah: quattro milioni di morti in appena sei mesi, da gennaio a giugno del 1933.
Come spiega nel suo ultimo libro “L’Ucraina e Putin” (Laterza) Andrea Graziosi, storico tra i primi al mondo insieme a Robert Conquest a occuparsi di questa tragedia a lungo ignorata, l’Holodomor con la sua definizione di “genocidio” è progressivamente diventato l’elemento caratterizzante della nuova identità dell’Ucraina: una nazione fondata dopo il 1991 non sull’etnonazionalismo (come sostiene la propaganda putiniana che parla di “denazificazione”, esattamente come la propaganda staliniana parlava di “dekulakizzazione”), ma “piuttosto come paese che si presenta come vittima del crimine più efferato che sia possibile commettere contro un popolo”.
Leonid Kravchuk, da poco scomparso, che è stato l’ultimo presidente dell’Ucraina sovietica e il primo presidente dell’Ucraina indipendente, ha ricordato che fu l’accesso agli archivi sovietici sull’Holodomor a fargli maturare l’idea, inconfessabile negli anni 80 per il capo del comparto ideologico del Partito comunista, di un’Ucraina indipendente dall’Urss. In un’intervista pubblicata nel libro “Perché è crollata l’Unione sovietica” (Il Mulino), Kravchuk ricorda che il Partito gli affidò il compito di consultare gli archivi per contrastare le pubblicazioni occidentali sull’Holodomor che circolavano clandestinamente in Ucraina. “Abbiamo consultato gli archivi, sfogliato documenti e foto: 11 mila reperti – dice Kravchuk – Nemmeno adesso riesco a spiegarmi quella situazione, la sensazione che ho provato. Ci sono stati episodi di cannibalismo, le persone venivano seppellite nelle fosse comuni, senza croci, senza niente: li buttavano dentro, li abbattevano e poi li finivano. Naturalmente c’erano i documenti in cui si diceva che la causa era la siccità, come se nulla fosse… Non si trattava di siccità, niente del genere. Ho illustrato questo resoconto al Politburo. Hanno iniziato a scambiarsi delle occhiate. E’ allora che mi sono reso conto che l’Ucraina è stata vittima del totalitarismo e ha subìto un deliberato sterminio della popolazione, perché il potere centrale, Stalin e la sua cricca, voleva eliminare la nazione ucraina”.
Naturalmente per l’Ucraina l’Holodomor è un genocidio, come peraltro riconoscono i più affermati storici del tema (da Norman Naimark ad Andrea Graziosi, fino a Timothy Snyder). L’Unione europea in una risoluzione ha riconosciuto l’Holodomor uno “spaventoso crimine contro il popolo ucraino e contro l’umanità”. Non è così in Italia, anche se sono stati fatti dei tentativi nel passato. Per primo ci aveva provato Gabriele De Rosa – storico cattolico, presidente dell’Istituto Sturzo e deputato del Ppi – che si era fatto promotore di una risoluzione parlamentare mai stata approvata. Più recentemente, pochi mesi fa, il Pd ha presentato una mozione (primi firmatari Fausto Raciti e Andrea Romano) per riconoscere l’Holodomor come genocidio, secondo la definizione delle Nazioni Unite. Ma la legislatura si è conclusa in anticipo, e anche quel tentativo si è spento.
Il Parlamento potrebbe riprendere questo filo e approvare in tempi brevi e in maniera trasversale quella mozione, o una analoga, basata sul lavoro di storici italiani e internazionali, prima della Giornata della Memoria dell’Holodomor che cade il 26 novembre. E non solo perché quella di quest’anno è una ricorrenza particolare, il 90esimo anniversario dell’inizio di quella tragedia, ma perché ora oltre al significato storico ce n’è uno di attualità politica. Quello di riconoscere l’identità del popolo e della nazione ucraina, che si è fondata sulle sofferenze di uno dei più grandi crimini del Novecento. E che ora viene riaffermata attraverso una resistenza tanto eroica quanto inattesa. Un’identità che è di nuovo minacciata dal discorso genocidiario alla base dell’aggressione russa (Putin nega che l’Ucraina sia uno stato e nega che gli ucraini siano un popolo: in quelle terre ci sono solo russi, che vanno assimilati, e nazisti, che vanno sterminati) e dai metodi utilizzati dall’esercito invasore (dalle fosse comuni ai bombardamenti di obiettivi civili fino alla requisizione del grano).
Se l’Europa ha a lungo sottovalutato le minacce russe all’Ucraina è, probabilmente, anche per la scarsa conoscenza e consapevolezza della storia. Riconoscere oggi l’Holodomor come genocidio è un modo per affermare un messaggio che riguarda tutta l’Europa, e non solo l’Ucraina: “Mai più”. E il Parlamento italiano, attualmente diviso su molte questioni, dovrebbe affermarlo in maniera unitaria.