“A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”.
È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: È indemoniato. È’ venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”. Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie”. (Mt 11, 16-19)
È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve
Nello spirito dell’antica tradizione Gesù comincia la sua attività pubblica con un digiuno di quaranta giorni. Ma in seguito vive come un uomo “normale” del suo ambiente. Alcuni se ne meravigliano. La sua predicazione non sarebbe stata più efficace se esternamente si fosse presentato come Giovanni il Battista? Forse. Ma Gesù aveva una valida ragione per scegliere una “vita normale”. In lui Dio è divenuto uomo e tutto l’umano è divenuto divino. Quindi non è elevato a Dio solo ciò che è straordinario, inconsueto, estremo, ma tutta la vita umana, in tutte le sue manifestazioni, nella loro banale quotidianità. Per questo più tardi scrive san Paolo ai cristiani: “Sia che mangiate, sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio” (1Cor 10, 31).
E oggi? Nella vita della Chiesa accadono anche cose straordinarie, ci sono santi, si vedono miracoli, talvolta si hanno anche rivelazioni. Ma tutti questi fenomeni non sono che una percentuale minima della vita ecclesiale. In essa prevale la vita quotidiana “normale”. Dallo svolgersi di una vita qualunque, nella sua normalità, si riconosce la fede. L’autentica conversione, porta ad un grande amore per i piccoli gesti quotidiani, nell’ambiente e nelle occupazioni dove ci pone oggi il Nostro Signore Eterno.
(cfr. T. Spidlik – Il vangelo di ogni giorno)