Da Avvenire del 20/12/2022
Quota 400mila ha resistito, ma è l’unica buona notizia nell’inverno demografico italiano. E se il drammatico 2021 delle nascite, secondo i dati Istat, si è chiuso con 400.249 nuovi nati, i primi nove mesi del 2022 hanno già segnato un ulteriore arretramento: sono stati 6mila infatti i bimbi in meno dati alla luce dalle mamme italiane, rispetto allo stesso periodo del 2021. Il gelo continua, insomma. Consola poco, nel report di fine anno, che il numero medio di figli per donna, per il complesso delle residenti, sia risalito lievemente a 1,25 rispetto al 2020, quando era fermo a 1,24. Basta pensare, infatti, che negli anni 2008-2010 lo stesso livello si era attestato a quota 1,44.
Quali politiche fare
Ma invertire la tendenza demografica è possibile? In attesa di capire se e quali effetti potranno esserci con le misure messe in campo dal governo con l’attuale legge di bilancio, è forse necessario fare un ragionamento di più ampio respiro. «Occorrerebbe sviluppare una vera e propria valutazione dell’impatto generazionale delle politiche pubbliche. Penso in particolare alla fascia di persone di età compresa tra i 15 e i 34 anni» spiega Valerio Martinelli, ricercatore della Fondazione Bruno Visentini ed esperto di politiche pubbliche. «In altre parole, dobbiamo sapere quante e quali risorse sono destinate realmente a ridurre l’attuale divario generazionale ». Mettere ad esempio le giovani coppie nelle condizioni di immaginare un futuro a misura di famiglia può essere un segnale importante nella prospettiva di chi vuole avere figli. «Rientrano in questa direzione le misure di incentivo all’autonomia abitativa, ancorché in affitto. Con la condizione attuale del mercato del lavoro, è difficile che un giovane under 36 voglia comprare una casa, contraendo un mutuo».
Figli fuori dal matrimonio
Le difficoltà dei coniugi a immaginare un futuro con figli sono spiegate dal consuntivo Istat sulla natalità di fine anno. Prendiamo il caso dei primogeniti. Nel 2021 i primi figli sono stati 186.485, il 46,6% del totale dei nati. La fase di calo della natalità avviatasi nel 2008 ha portato a una progressiva contrazione dei primogeniti che sono il 2,9% in meno sul 2020 (-5.657) e il 34,5% in meno sul 2008. «Tale fenomeno testimonia la difficoltà che hanno le coppie, soprattutto le più giovani, nel formare una nuova famiglia con figli; problematica diversa rispetto all’inizio del millennio quando la criticità riguardava soprattutto il passaggio dal primo al secondo figlio» sottolinea l’istituto statistico.
Ne complesso, a diminuire sono state soprattutto le nascite all’interno del matrimonio, pari a 240.428, quasi 20mila in meno rispetto al 2020 e 223 mila in meno nel confronto con il 2008 (48,2%). Ciò è dovuto innanzitutto al forte calo dei matrimoni, che si è protratto fino al 2014, per poi proseguire con un andamento altalenante. A ciò va aggiunto che nel 2020 la pandemia ha indotto molte persone a rinviare o a rinunciare alle nozze.
«Sicuramente il governo ha fatto qualcosa in questa legge di bilancio, ma quello che noi diciamo è che occorre darsi un obiettivo chiaro, verificabile nel tempo. Arrivare a quota 500mila nuovi bambini nel 2033? Ecco, questo è un obiettivo sostenibile e raggiungibile» ha detto Gigi De Palo, presidente del Forum delle famiglie. Per l’Associazione delle famiglie numerose (Anfn), ha osservato il presidente Alfredo Caltabiano, «la fotografia sulla natalità in Italia che emerge dal report dell’Istat è la logica conseguenza dell’assenza di politiche per la famiglia e la natalità che ha caratterizzato l’Italia negli ultimi decenni».