In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. (Lc 1, 39-45)
Beata colei che ha creduto
Quando i teologi parlano di Maria distinguono tra maternità fisica e morale. Fisica significa corporale, è il processo fisiologico che determina la venuta visibile del Messia nel mondo. La maternità morale è una realtà spirituale, che avviene in primo luogo nella fede. Fede significa ricevere il pensiero divino, farlo proprio. I pensieri divini sono fertili, diventano sorgente di ispirazione. Ce ne rendiamo conto meglio se li confrontiamo con il loro contrario: i pensieri cattivi e inutili ci incatenano nella prigione della nostra limitatezza e inutilità, e ci sentiamo scontenti, turbati. Il pensiero divino, al contrario, ci rimette in piedi, ci dà iniziativa e forza. Spesso cambia tutta la vita.
Sant’Antonio Abate era ancora giovane quando in chiesa udì la parola della Scrittura che diceva: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi” (Mt 19, 21). Anche noi ascoltiamo la stessa parola, e ci passa sopra senza lasciare traccia. Sant’Antonio accettò il pensiero come suo e tutta la sua vita cambiò. Nella “lectio divina”, è profittevole leggere e rileggere più volte il vangelo del giorno, praticamente “ruminandolo”. È più un ascoltare che un leggere. Soprattutto: diamogli il tempo di penetrare, affinché avvenga anche in noi la divina accoglienza di Nazaret. Maria accettò con fede le parole dell’angelo e divenne madre di Cristo.
(Cfr. T. Spidlik – Il vangelo di ogni giorno)