Benedetto XVI ora è di fronte al tribunale dell’Altissimo: la Chiesa prega Maria, nostra Avvocata presso il Padre, affinché sperimenti la misericordia del Signore. La Madonna insegna, però, anche a noi vivi la tenerezza che si prende cura, dice Papa Francesco.
di Michele Brambilla
L’Angelus del 1 gennaio non può non aprirsi con un omaggio doveroso a Benedetto XVI, deceduto nella mattinata del 31 dicembre. «L’inizio di un nuovo anno», ricorda infatti Papa Francesco, «è affidato a Maria Santissima, che oggi celebriamo come Madre di Dio. In queste ore invochiamo la sua intercessione in particolare per il Papa emerito Benedetto XVI, che ieri mattina ha lasciato questo mondo. Ci uniamo tutti insieme, con un cuore solo e un’anima sola, nel rendere grazie a Dio per il dono di questo fedele servitore del Vangelo e della Chiesa».
«Mentre ancora contempliamo Maria nella grotta dove è nato Gesù, possiamo domandarci: con quale linguaggio ci parla la Vergine Santa? Come parla Maria? Che cosa possiamo imparare da lei per questo anno che si apre? Possiamo dire: “Madonna, insegnaci cosa dobbiamo fare in questo anno”», esorta il Pontefice. «In realtà, se osserviamo la scena che la Liturgia odierna ci presenta, notiamo che Maria non parla. Ella accoglie con stupore il mistero che vive, custodisce tutto nel suo cuore e, soprattutto, si preoccupa del Bambino, che – dice il Vangelo – era “adagiato nella mangiatoia” (Lc 2,16). Questo verbo “adagiare” significa deporre con cura», ed è proprio questa espressione che indica la qualità delle azioni della Vergine.
La Maternità di Maria mostra, infatti, un «prendersi cura con tenerezza» che si estende dal Bambino Gesù ad ognuno di noi come membri del Mistico corpo del Figlio. «Fratelli e sorelle, come tutte le mamme, Maria porta nel suo grembo la vita e, così, ci parla del nostro futuro. Ma allo stesso tempo ci ricorda che, se vogliamo davvero che il nuovo anno sia buono, se vogliamo ricostruire speranza, occorre abbandonare i linguaggi, i gesti e le scelte ispirati all’egoismo e imparare il linguaggio dell’amore, che è prendersi cura. Prendersi cura è un linguaggio nuovo, che va contro i linguaggi dell’egoismo» così tipici del nostro tempo.
Allora «questo è l’impegno: prenderci cura della nostra vita – ognuno di noi deve curare la propria vita –; prenderci cura del nostro tempo, della nostra anima; prenderci cura del creato e dell’ambiente in cui viviamo; e, ancor più, prenderci cura del nostro prossimo, di coloro che il Signore ci ha messo accanto, come pure dei fratelli e delle sorelle che sono nel bisogno e interpellano la nostra attenzione e la nostra compassione. Guardando la Madonna con il Bambino, mentre si prende cura del Bambino, noi impariamo a prenderci cura degli altri, e anche di noi stessi, curando la salute interiore, la vita spirituale, la carità».
«Celebrando oggi la Giornata Mondiale della Pace, riprendiamo consapevolezza della responsabilità che ci è affidata per costruire il futuro», soggiunge il Santo Padre. «In questo giorno, che San Paolo VI volle dedicare alla preghiera e alla riflessione per la pace nel mondo, sentiamo ancora più forte, intollerabile il contrasto della guerra, che in Ucraina e in altre regioni semina morte e distruzione. Tuttavia non perdiamo la speranza, perché abbiamo fede in Dio, che in Gesù Cristo ci ha aperto la via della pace», vedendo come «nel mondo intero, in tutti i popoli sale il grido: no alla guerra! No al riarmo! Le risorse vadano allo sviluppo: salute, alimentazione, educazione, lavoro».