Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: «Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me». Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: «Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo». E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio» (Gv 1,29-34).
Diciamo subito che la parola aramaica “talya” contiene il doppio significato di servo e agnello. Dunque l’espressione di Giovanni Battista per indicare Gesù di Nazareth alle folle, “ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”, fa contemporaneamente riferimento al Servo sofferente (Is 53,7.12), all’agnello espiatorio (Lv 14) e all’agnello pasquale (Es 12; Gv 19,34), simbolo della redenzione d’Israele. Inoltre apprendiamo anche dall’evangelista Giovanni che Gesù, per essere il Redentore, deve passare attraverso la sua passione (essere elevato: Gv 12,32) e poi operare la santificazione per mezzo dello Spirito (7,37-39; Rm 1,4). Il Battista dichiara espressamente che la sua conoscenza di Gesù è stata graduale partendo dalla non conoscenza di lui (v. 31), fino a diventare consapevole di trovarsi davanti al Messia sofferente che toglie il peccato del mondo (v. 29; cfr Is Ib.) e a vedere e testimoniare, con la luce della rivelazione divina, “che questi è il Figlio di Dio”. Sì, Gesù di Nazareth è il Figlio di Dio, Dio Egli stesso come il Padre e lo Spirito Santo. È questa la bella e centrale professione della nostra fede che celebriamo in questa Santa Messa domenicale a fondamento della nostra vita quotidiana. Grazie a questa fede in Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio nell’unità del suo essere la Seconda Persona della SS. Trinità, abbiamo accesso alla linfa vitale della nostra realizzazione personale e comunitaria nella chiesa e nella società.
Chiunque segue Cristo, uomo perfetto, si fa lui pure più uomo (GS 41).
Questo significa, reciprocamente, che chi si allontana da Cristo, uomo perfetto, sminuisce il suo potenziale umano nella deriva dell’autodistruzione, causa non ultima della crisi mondiale contemporanea di uomini e cose. Ma significa anche che la pretesa di chiudersi in sé stessi, fidandosi esclusivamente di realizzazioni umane senza la fede in Gesù Cristo, lascia le persone nella solitudine della ricerca di soluzioni sociologiche e psicologiche francamente insufficienti come spiegava già Benedetto XVI. Concludiamo questa riflessione con le parole ispirate ed edificanti del Prologo che costituiscono l’acclamazione al Vangelo della S. Messa di questa II Domenica del T.O. dell’Anno A: “Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi. A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio” (1Gv 14.12b).