Il capolavoro ligneo di Andrea Fantoni nella basilica di S. Maria Maggiore a Bergamo
di Michele Brambilla
Il Sacramento della Penitenza non è stato amministrato sempre nello stesso modo. La confessione auricolare dei peccati cominciò a diffondersi nei monasteri tra il IX e il XII sec. e divenne prassi consolidata solo attorno al concilio di Trento (1545-63). L’inventore del confessionale, ovvero del “mobile” che è adibito alla confessione dei penitenti, fu san Carlo Borromeo (1538-84) nel De fabrica ecclesiae. Il confessionale “classico” prevede il seggio del confessore al centro e, ai lati, due inginocchiatoi per i fedeli, che confidano i propri peccati attraverso una grata filigranata. All’interno del mobile sono presenti dei cartigli con la formula di assoluzione o la tabella dei peccati la cui remissione è riservata al vescovo o al Papa, nel caso qualcuno se li fosse dimenticati.
Oggi si preferisce in genere una stanza insonorizzata bipartita, in legno o in muratura, ma spesso, per far sentire maggiormente a proprio agio il penitente, si lascia scorrere la grata che, in teoria, dovrebbe proteggere sia la riservatezza del fedele che l’anonimato del confessore, in quel momento semplice tramite del perdono divino. Molti antichi confessionali sono, però, autentiche opere d’arte, come si può facilmente osservare nella basilica di S. Maria Maggiore a Bergamo.
Tra le navate della basilica orobica, infatti, si può notare un magnifico confessionale istoriato, opera dello scultore-intagliatore Andrea Fantoni (1659-1734). Progettato nel 1704 come dono per il vescovo di Bergamo, mons. Luigi Ruzzini (1658-1708), e realizzato seguendo le indicazioni dei teologi diocesani, venne esposto per la prima volta in S. Maria Maggiore nel 1898 a nome dell’antichissima Congregazione della Misericordia Maggiore.
Fantoni decorò ogni singolo angolo del confessionale. La finestra del sacerdote è sormontata da un ricchissimo fastigio, sul quale si innalza il globo terraqueo, acceso dalle sette fiamme dei sette doni dello Spirito Santo. Esso è quasi nascosto dall’immagine del Padre misericordioso, che spalanca le braccia verso il penitente. Nel tondo sottostante vediamo la consegna delle chiavi a san Pietro: la facoltà di rimettere i peccati è stata ufficialmente conferita alla Chiesa dallo stesso Gesù.
Altre formelle si riallacciano all’Antico e al Nuovo Testamento, dalle prefigurazioni (Mosè fa scaturire l’acqua dalla roccia) all’effetto rigenerante della Pasqua di Cristo (Resurrezione del figlio della vedova di Naim).
Le figure femminili e maschili lungo le cornici rappresentano la Prudenza, la Sapienza, la Mitezza e il Silenzio. Sui lati destinati ai penitenti vediamo, da una parte, la Contrizione, raffigurata come una donna che regge la croce di Cristo (è davanti al Crocifisso che comprendiamo, infatti, il prezzo della nostra redenzione), e dall’altra il Contemptus mundi, ovvero un uomo che schiaccia sotto i suoi piedi le vanità del mondo. I riferimenti alla Passione si estendono ad altri due medaglioni, uno con la Flagellazione, l’altro con la Deposizione dalla croce.
La contrizione del peccatore si conclude, però, con la festa del perdono. Ecco allora il confessionale punteggiato di allegri angioletti, perché «Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione» (Lc 15,7).
Sabato, 4 marzo 2023