L’esercizio della fortezza non riguarda solo gli eroi e i guerrieri, ma tutti gli uomini. Ammirare la sua bellezza suscita il desiderio d’imitarla
di Mario Vitali
Virtù morale e dono dello Spirito Santo, la fortezza “ assicura la fermezza e la costanza nella ricerca del bene (…) rafforza la decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli nella vita morale, (…) rende capaci di vincere la paura, (… e dà) il coraggio di giungere fino … al sacrificio della propria vita per difendere una giusta causa.” (CCC n. 1808).
Il linguaggio allegorico dell’arte rappresenta la sua forza indomita con simboli marziali: una giovane donna che indossa una corazza e impugna una mazza o che regge lo scudo e la spada nell’atto di affrontare il nemico.
Una delle figure bibliche che meglio illustra questa virtù è Giuditta, spesso rappresentata nell’atto di decapitare con la spada il capo dell’esercito babilonese, Oloferne, intenzionato a uccidere tutti gli ebrei presenti nel regno del re Nabucodonosor.
Nel suo “Giuditta e Oloferne” Caravaggio (1571-1610) mostra Giuditta nell’atto di uccidere il nemico brandendo la spada che troncherà la sua testa, ma il viso di Giuditta è contratto in una smorfia che esprime afflizione e spavento, le braccia sono tese quasi a voler prendere le distanze da ciò che sta compiendo: nessun compiacimento quindi per la morte del nemico, ma determinazione a difendere la giustizia.
Quando Sandro Botticelli (1445-1510) dipinge la Fortezza, per completare la commissione delle sette virtù affidata dalla città di Firenze a Piero del Pollaiolo (1443-1496), arricchisce la sua opera con una grande ricchezza di dettagli, come gli intagli nel trono marmoreo, le vesti lussureggianti, la figura slanciata, il viso languido e melanconico.
La Fortezza di Botticelli è una giovane donna che indossa un’armatura e siede su un trono, simbolo di dominio, mentre lo scettro che tiene tra le mani sta a simboleggiare la nobiltà e la regalità che si estende anche a coloro che esercitano tale virtù. Il suo colore è il rosso, come il manto che la copre, a indicare la passione, l’impegno e anche il sangue di chi è determinato ad affermare il bene, divenendo così il modello del guerriero e del martire disposti a versare il sangue fino all’estremo sacrificio.
La Fortezza è quindi la virtù solo di coloro che impugnano le armi? Non proprio; essa è in ogni scelta che si compie nella vita quotidiana, come ha ricordato San Giovanni Paolo II nell’udienza generale del 15 novembre 1978: “… la virtù della fortezza s’incontra nell’uomo, che è pronto ‘aggredi pericula’, cioè ad affrontare il pericolo; che è pronto ‘sustinere mala’, cioè a sopportare le avversità per una giusta causa, per la verità, per la giustizia, ecc. La virtù della fortezza richiede sempre un certo superamento della debolezza umana e soprattutto della paura. L’uomo infatti, per natura, teme spontaneamente il pericolo, i dispiaceri, le sofferenze. Perciò bisogna cercare gli uomini coraggiosi non soltanto sui campi di battaglia, ma anche nelle corsie di un ospedale o sul letto del dolore. Tali uomini si potevano incontrare spesso nei campi di concentramento e nei luoghi di deportazione. Erano degli autentici eroi.”.
Virtù eroica ed esemplare nelle situazioni estreme, ma anche habitus dell’anima nelle prove della vita di ogni giorno: il “Signore viene sempre a sostenerci nella nostra debolezza attraverso un dono speciale: il dono della fortezza”. (Papa Francesco, Udienza generale del 14 maggio 2014).
E l’arte, da parte sua, narrando la nobiltà della fortezza, emoziona il cuore e ne provoca il desiderio.
Sabato, 25 febbraio 2023