La conferenza di Paul Coyer sulle radici del sistema americano, che ha molto da dire anche ai ricostruttori di cattedrali europei
di Achille Paliotta
Alleanza Cattolica, in collaborazione con l’Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale (IDIS), ha organizzato il giorno 22 febbraio 2023 la conferenza di Paul Coyer, un esponente della galassia conservatrice intellettuale statunitense, sul tema Salvare il mondo dal suicidio. Le radici cristiane della libertà dell’Occidente.
Il tema della conferenza è stato quello della crisi dell’Occidente e del ruolo della religione, in particolare del cristianesimo, nella sua storia. A questo riguardo, l’ascesa della modernità sarebbe stata inevitabilmente seguita da una diminuzione della presenza e del ruolo della religione nella società (tesi della “secolarizzazione”). Molte élite, politiche e culturali dell’Occidente, difatti, vedono il cristianesimo come una forza repressiva e retrograda, incompatibile con un’idealizzata utopia progressista, attualmente basata sul nichilismo della cancel culture.
Al contrario, il cristianesimo ha influenzato lo sviluppo della politica e dei valori occidentali, soprattutto per quanto riguarda la difesa dalle forme di potere autoritario. Se il cristianesimo venisse escluso dalla sfera pubblica, l’Occidente rischierebbe una catastrofe non solo spirituale e morale. Del resto, secondo lo studioso Robert Nisbet, la stessa idea di progresso è connaturata alla religione, e la relazione tra la fede e la libertà politica è sempre stata fondamentale. Tuttavia, l’Occidente sta perdendo quest’originaria comprensione, compromettendo le basi stesse delle proprie libertà. L’attuale crisi dell’Occidente è innanzitutto una crisi spirituale, e solo recuperando la fiducia nelle proprie radici religiose l’Occidente potrà difendere la libertà religiosa nel mondo.
Il legame tra religione e libertà fu compreso fin dall’inizio della Guerra d’Indipendenza americana. Thomas Jefferson, nonostante non credesse in modo ortodosso alla religione cristiana, ritenne che l’esistenza di diritti politici universali, esplicitati nella Dichiarazione di indipendenza, fosse basata su una verità religiosa, quella secondo cui «tutti gli uomini sono creati uguali e dotati dal loro Creatore di certi diritti inalienabili». I “padri fondatori” degli Stati Uniti d’America credevano che la religione apportasse un contributo significativo alla limitazione del potere statuale attraverso il ruolo svolto dalle organizzazioni religiose nella società civile. Questa concezione di libertà prevedeva la libertà di pensiero, di coscienza e di scelta, oltre alla coltivazione delle virtù pubbliche e private.
Alla base di questa concezione vi è un’antropologia teologica giudeo-cristiana, che sostiene che nessun individuo o gruppo debba concentrare nelle proprie mani un potere duraturo e che occorra un robusto bilanciamento dei diversi poteri. I padri fondatori furono in parte influenzati anche dall’Illuminismo, ma non solo da esso, poiché credevano anche nella rivelazione divina. La loro idea di autogoverno era fondata sulla convinzione che esso iniziasse nel cuore di ogni cittadino, che la vera libertà fosse il frutto della scelta consapevole e virtuosa, e che queste scelte, nonché la coltivazione delle virtù, fossero essenziali per il successo del sistema che cercavano di creare. In questo senso, i padri fondatori studiarono la storia dell’antica Roma e compresero che il progressivo venir meno della moralità pubblica e privata fosse stata la causa principale della caduta della repubblica romana e della susseguente nascita dell’impero.
Una personificazione storica concreta, di tale linea di pensiero, è stata esemplificata da Coyer nella figura di Russell Amos Kirk, a cui è stato dedicato ampio spazio nel corso della conferenza romana. Kirk ha avuto un’influenza decisiva per il conservatorismo americano. La sua opera The Conservative Mind, pubblicata nel 1953, ebbe un fortissimo impatto sulla formazione dell’emergente conservatorismo statunitense post-New Deal. Egli è stato influente perché non professava un’ideologia specifica, ma si richiamava a un insieme di principi perenni («permanent things») e perché vedeva il conservatorismo come una forma di preservazione dell’ordine, della giustizia e della libertà. Per Kirk, la politica doveva essere necessariamente limitata e il vero scopo doveva essere la riduzione del potere dello Stato, in un’ottica sussidiaria, al fine di permettere alle comunità locali di provvedere autonomamente alle proprie necessità. Egli credeva che la saggezza degli antichi avesse molto da offrire alla società americana moderna e che l’ordine morale trascendente fornisse una forte impalcatura per la società civile. Il suo lavoro ha contribuito a cambiare la percezione del conservatorismo negli Stati Uniti, rendendolo intellettualmente rigoroso e rispettabile.
In conclusione, la prospettiva conservatrice delineata nel corso della conferenza romana è tuttora viva, e può e deve essere fortemente perseguita anche nell’ora presente. Tutti gli uomini di buona volontà, infatti, pur operando in un contesto culturale e sociale ostili, devono continuare a perseguire il disegno soprannaturale di continuare a costruire cattedrali non solo in questa parte di “Magna Europa”, ma in tutto il mondo, sempre se Dio vorrà.
Mercoledì, primo marzo 2023