Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi.
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù (Mt 1.16,18-21.24).
I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore (Lc 2,41-51).
Dai testi evangelici sopra riportati e indicati nel Lezionario per la Solennità di San Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria, come anche dagli altri testi di Matteo (2,13s. 19-22) e di Luca (2,16.33.39.48) risulta chiaramente che Giuseppe è sposo di Maria e padre legale di Gesù che gli è stato affidato dal suo stesso Padre che è nei cieli e governa l’universo. Pertanto Giuseppe di Nazareth è un uomo che Dio Padre ha voluto pienamente realizzato nell’esperienza del suo amore vissuto con Maria nella condivisione della vita sponsale casta e verginale nel reciproco servizio a favore del Figlio di Dio, il Verbo incarnato concepito da Maria sempre Vergine per opera dello Spirito Santo.
Maria, piena di grazia, è totalmente immersa nella gioia della vita sempre nuova così come sgorga da Dio che riversa immediatamente in lei, umile serva, l’immensità della sua comunione trinitaria facendogliela vivere nella specialissima modalità dello sposalizio verginale e dell’Incarnazione. La Madre di Dio, nonostante le tribolazioni, anzi in esse, è pronta a cantare la magnificenza del Signore che in e con lei fa ricominciare, nell’umiltà che diventa servizio, la creazione e porta a compimento la storia dei singoli e dei popoli che partecipano alla sua esultanza di generazione in generazione.
Giuseppe, illuminato da Dio, è ben contento di stare con Maria a condividere già su questa terra con la sua sposa vergine Immacolata, la potenza, la dolcezza e la soavità dell’Amore che è lo Spirito Santo, il paradiso presente con il Figlio Eterno nell’umile famiglia della casetta di Nazareth. Certamente troviamo qui in atto i principi vitali della dignità dell’uomo e della donna e l’importanza della novità della loro presenza sempre necessaria e attualissima nel contesto della battaglia dell’ora presente.
Oggi, nella solennità di San Giuseppe, custode del Redentore e Patrono della Chiesa universale, li vediamo all’opera nella sua esperienza di sposo e di padre.
Se l’orgoglio e la sensualità sono le molle della sovversione-rivoluzione o decadenza planetaria, a cominciare da quella diabolica del “non serviam”, l’umiltà e la castità di San Giuseppe costituiscono, con Gesù e Maria, l’inizio del riordinamento universale, il regno dei Sacri Cuori, il mondo nuovo che, molto naturalmente, comincia nella Famiglia ossia negli sposi, uomo-donna e figli che vivono, come nella S. Famiglia, le stesse virtù facendo la “contro-rivoluzione”, cioè andando “controcorrente” come dice il S. Padre Papa Francesco. Proprio Giuseppe, umile e ubbidiente, diventa il custode-difensore della nuova civiltà che nasce nella sua famiglia. Proprio lui, ubbidiente e umile, vive la gioia della perfezione dell’amore spirituale affettuoso e pienamente integrato nella sua persona. È felice perché spiritualmente e psicologicamente maturo, grazie alla gioia del dono di sé nel contesto della castità che “è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore. L’amore che vuole possedere, alla fine diventa pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici. (…) Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera. Non ha mai messo sé stesso al centro. Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù”.
Cosa possono imparare, da San Giuseppe, adolescenti, giovani, fidanzati, sposi, papà, mamme, figli, presbiteri e vescovi, uniti al Vescovo di Roma il Papa?