Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero. Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch’essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro.
Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura”. (Mc 16, 9-15)
Nell’apparizione alla Maddalena è sottolineata l’incredulità dei discepoli, che non danno importanza alla sua testimonianza perché le donne avevano poca considerazione nell’ambiente giudaico. La seconda apparizione è connessa cronologicamente con la precedente e corrisponde all’apparizione ai due di Emmaus, narrata solo da Lc (24, 13-35). Il diverso sembiante del Risorto, che lo rende irriconoscibile, è confermato anche da Lc 24, 16. Gesù è stato trasformato e spiritualizzato nella sua corporeità; perciò è accessibile solo all’occhio della fede. L’apparizione agli undici è decisiva per porre fine alla loro incredulità. I discepoli hanno creduto a Gesù quando ha cominciato a predicare e a guarire, fino a lasciare tutto per Lui e a seguirlo. Ma ora, davanti al miracolo più grande e a Cristo risorto, non riescono a credere.
Dal punto di vista umano, naturale e psicologico non ci si può stupire. Ma si possono giudicare gli avvenimenti del Salvatore solo in maniera naturale? Si tratta di un atto di fede. Un atto di fede ha bisogno del concorso di tre elementi: la testimonianza, la grazia di Dio e l’atteggiamento personale, cioè la volontà di accettare come vero ciò che Dio rivela. Nel vangelo viene detto che gli apostoli non credettero né alla Maddalena, né ai due di Emmaus. Il principale motivo dell’incredulità degli apostoli sembra essere la terza condizione: la volontà di accettare ciò che oltrepassa l’esperienza umana. È il punto dolente di tutti gli atti di fede. Ma come la ragione non è contro la conoscenza dei sensi, però la supera, così anche la fede non è contro la ragione, ma è al di sopra di essa, un’illuminazione superiore.
(cfr. T.Spidlik – Il Vangelo di ogni giorno – Ed LIPA – p. 116-117)