di Michele Brambilla
L’omelia per la Messa con cui, il 27 gennaio (III domenica del Tempo ordinario), culmina la Giornata Mondiale della Gioventù a Panama parte da un breve versetto del Vangelo del giorno: «Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”» (Lc 4,20-21).
Papa Francesco rimarca che «così il Vangelo ci presenta l’inizio della missione pubblica di Gesù. Lo presenta nella sinagoga che lo ha visto crescere, circondato da conoscenti e vicini e chissà forse anche da qualche sua “catechista” di infanzia che gli ha insegnato la legge». Per l’ebreo la consegna della Torah non è solo un evento accaduto in un passato lontano, ma ciò che costituisce la sua identità nell’oggi. Anche per il cristiano la parola di Dio non è confinata in un’epoca remota, ma è un messaggio sempre attuale.
Nel Nuovo Testamento, sottolinea il Papa, «Gesù rivela l’adesso di Dio che ci viene incontro per chiamare anche noi a prendere parte al suo adesso, in cui “portare ai poveri il lieto annuncio”, “proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista”, “rimettere in libertà gli oppressi” e “proclamare l’anno di grazia del Signore” (cfr Lc 4,18-19). È l’adesso di Dio che con Gesù si fa presente, si fa volto, carne, amore di misericordia che non aspetta situazioni ideali o perfette per la sua manifestazione, né accetta scuse per la sua realizzazione. Egli è il tempo di Dio che rende giusti e opportuni ogni situazione e ogni spazio», nella concretezza di ogni giorno.
Spesso si usa dire che i giovani siano il futuro. Francesco, invece, dice loro che saranno il futuro solo se si giocano per Cristo hic et nunc. «Non sempre crediamo che Dio possa essere tanto concreto e quotidiano, tanto vicino e reale, e meno ancora che si faccia tanto presente e agisca attraverso qualche persona conosciuta come può essere un vicino, un amico, un familiare. Non sempre crediamo che il Signore ci possa invitare a lavorare e a sporcarci le mani insieme a Lui nel suo Regno in modo così semplice ma incisivo». Invece vuole proprio la nostra collaborazione, e non la rimanda alle calende greche.
«Anche noi possiamo correre gli stessi rischi della gente di Nazaret», ovvero presumere di sapere già tutto di tutti e crogiolarsi in un futuro precostituito dagli schemi suggeriti dai luoghi comuni. «A molti giovani questo piace» perché pare esentarli dal riflettere in profondità sul proprio essere e sul proprio destino ultraterreno. Il Pontefice allora chiede: «per favore, aiutiamoli a fare in modo che non gli piaccia, che reagiscano, che vogliano vivere l’“adesso” di Dio». Dalle GMG si torna sempre un po’ sanamente “inquietati”. «Voi, cari giovani, non siete il futuro», insiste Francesco. «No, siete il presente! Non siete il futuro di Dio: voi giovani siete l’adesso di Dio! Lui vi convoca, vi chiama nelle vostre comunità, vi chiama nelle vostre città ad andare in cerca dei nonni, degli adulti; ad alzarvi in piedi e insieme a loro prendere la parola e realizzare il sogno con cui il Signore vi ha sognato», che è il progetto di una vera christianitas, ovvero di una vita quotidiana, familiare e sociale che abbia costantemente il sapore di Cristo.