“Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. (Gv 15, 9-11)
“A quanti però lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da voler di uomo, ma da Dio sono stati generati” (Gv 1, 12-13). Queste sono le parole del prologo del vangelo di Giovanni. L’essere figli di Dio, grazie all’accoglienza del Verbo, precede la vera e convinta obbedienza amorosa della Legge di Dio. È Dio anzi tutto che agisce. Prima è indispensabile entrare in questo orizzonte del dono di Dio. Non siamo nelle condizioni del Dio di Platone, che non ama gli uomini, perché non ne abbisogna, per cui l’uomo può solo desiderare Dio e tentare di avvicinarsi con le sue forze morali, arrampicandosi su una parete verticale di roccia. Questo sarebbe il desiderio massimale per l’uomo greco e ciò che lo può esortare a migliorare; ma ben sappiamo che senza la grazia di Dio non si vince il peccato, così rinunci a giungere alla vetta della montagna. Dio, in Cristo, dona per primo e abbondantemente, senza impoverire mai la sua infinita misericordia.
L’azione di Dio e il suo amore ci precedono. Nell’Eucarestia siamo nobilitati dal suo sangue e possiamo agire da cristiani. Impossibile agire secondo una legge morale che sta di fronte a noi. I comandamenti così, sono lontani e irrealizzabili. Dobbiamo solo agire secondo la nostra nuova dimensione di anime salvate dalla grazia. Il cristianesimo ci libera da un moralismo puramente legale ed esterno all’affetto. Ogni giorno possiamo rinnovare il nostro rimanere in Lui, che è accogliere il dono della sua stessa vita divina, versata abbondantemente in noi.