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Il pensiero del giorno

10 Maggio 2023 - Autore: Don Andrea Nizzoli

“Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”. (Gv 15, 1-8)


Quante volte in questo breve brano viene reiterata l’indispensabile unione con il Signore Gesù! Il verbo rimanere è citato sette volte in otto versetti: “Rimanete in me” (Gv 15,4). Si intende letteralmente: comportati come fossi sempre innanzi a me, pienamente a tuo agio. La vita cristiana è effettivamente questo, rimanere in contatto amicale con Gesù. L’immagine agreste che usa il vangelo è molto immediata. I tralci uniti alla vite ricevono i liquidi nutritivi provenienti dalle radici che permettono di crescere e di fruttificare. La grazia di Dio, cioè lo Spirito Santo con la vita divina che porta, viene a noi con il Battesimo e la Confermazione, è alimentata continuamente con l’Eucarestia. Si interrompe con il peccato, che richiede l’assoluzione confessionale, con il conseguente ritorno alla pace.

Rimanere in Gesù vuol dire avere la volontà di ricevere la vita da Lui, come anche il perdono. Accettare i suoi interventi quando irrompe nella nostra vita con un fatto imprevedibile, che è come una potatura. Ma la riceviamo benignamente da Lui, affinché il frutto sia maggiore. Così liberiamo nella nostra vita una autentica imitazione di Cristo, assumendo tutti i suoi atteggiamenti. Questo percorso diviene l’anima di ogni apostolato, come recita Gv 14, 5: “Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla”. La fecondità spirituale dell’apostolato è sottolineata con molta chiarezza. Dipende totalmente dall’unione con Lui: “…senza di me non potete fare nulla”. Da ciò l’esigenza del primato alla formazione spirituale, anche per chi opera in via apostolica in ambito sociale e politico.

San Giovanni d’Avila Sacerdote e Dottore della Chiesa

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