“Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo! “(Mt 5, 20-26)
Anche dopo la Pentecoste e i doni dello Spirito Santo, la legge scritta rimane. Rimane il decalogo, rimangono i precetti evangelici e le regole canoniche monastiche. Qualcuno potrebbe obiettare che – rispetto all’unico comandamento dell’amore che Gesù ha portato – sono tutte cose superate. In realtà Gesù dice di essere venuto a portare il compimento della legge, non parla affatto di abolizione della Legge. Riguardo al pieno compimento della Legge risponde l’apostolo delle genti:
“Pieno compimento della Legge è l’amore” (Rom 13, 10).
Dal comandamento dell’amore dipendono tutta la Legge e i profeti (Mt 22, 40). L’amore dunque non cancella la legge ma la osserva, la “compie”, gustandola come legge di libertà. L’amore è la realizzazione della legge, oppure, come possiamo dire in altre parole: “La carità è l’unica via per realizzare la giustizia, è l’unica forza che può farla osservare”. Tra la legge interiore dello Spirito e la legge positiva scritta non c’è alcuna opposizione o incompatibilità, ma, al contrario, piena collaborazione, la prima è data per custodire la seconda: “È stata data la legge perché si cercasse la grazia ed è stata data la grazia perché si osservasse la legge” (S. Agostino). L’osservanza, non certo subita ma pienamente partecipata, ai comandamenti, è l’autentica verifica della nostra esistenza come tensione alla carità. Tra legge ed amore circola un movimento che ci pone in sintonia con la volontà di Dio. Allo stesso modo occorre affermare, che non esiste alcuna possibile evoluzione della morale. Ciò che era male ieri, lo è anche oggi. Violare un comandamento di Dio sarà sempre un atto che offende la retta ragione e la carità che Gesù ci ha mostrato.