Scese dal monte e molta folla lo seguì. Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: “Signore, se vuoi, puoi purificarmi”. Tese la mano e lo toccò dicendo: “Lo voglio: sii purificato!”. E subito la sua lebbra fu guarita. Poi Gesù gli disse: “Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va’ invece a mostrarti al sacerdote e presenta l’offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro”. (Mt 8, 1-4)
Le grandi folle rappresentano le future comunità cristiane che potranno sperimentare la forza risanatrice della parola di Gesù e i sacramenti della Chiesa. Il malato appare come il modello del credente, che si rivolge al Cristo risorto e lo invoca come Figlio di Dio per la purificazione dai peccati. “Stesa la mano, lo toccò dicendo: Lo voglio sii mondato”. Gesù infrange le prescrizioni giudaiche, tocca un impuro; per lui non è un peccatore da evitare, ma una persona bisognosa di soccorso. Il gesto di Gesù assume un valore simbolico e prelude all’efficacia sacramentale dell’umanità glorificata di Cristo per la purificazione dei peccati. Appare lì per lì assurda la richiesta di segretezza, quando il miracolo è avvenuto innanzi ad una folla immensa. Ma Gesù vuole evitare i facili trionfalismi, perché potrebbero ostacolare la sua missione.
La parola di Dio non abbisogna di propagande strombazzanti. Il comando al lebbroso guarito di recarsi dal sacerdote dimostra che Gesù non si contrapponeva alla Legge, ma forse contiene un senso polemico nei confronti delle autorità religiose che non volevano credere in lui. Era quindi iniziato il tempo messianico. Crescerà nella chiesa la consapevolezza che non vi è peccato che non possa essere perdonato. Nella seconda metà del III sec. si cominciò ad assolvere anche peccati di omicidio. Resta nel peccato solo colui che rifiuta di riconciliarsi con Dio e con la Chiesa. Ma chi si pente prega con Davide: “Purificami con issopo e sarò mondo; lavami e sarò più bianco della neve” (Sal 50, 9).