Il Regimen sanitatis salernitanum unisce la scienza (del tempo) alla bellezza letteraria. Per gli uomini del Medioevo non era un intreccio poi così paradossale…
di Stefano Chiappalone
Chi mai leggerebbe per puro interesse storico o diletto letterario un’enciclopedia medica, magari di quelle che si acquistano a puntate abbinate a un quotidiano? Allo scopo ne consigliamo una che non si trova in edicola ed è alquanto datata: è il Regimen sanitatis salernitanum, opera presumibilmente collettiva risalente all’XI-XII secolo, nell’ambito della Scuola medica salernitana (antenata delle odierne facoltà di Medicina). L’opera in versi è dedicata al (non identificato) Re d’Inghilterra: «Anglorum regi scripsit tota schola Salerni». Impagabile nell’originale latino, resta godibilissima anche nella recente traduzione di Giovanni Sali (2015) reperibile online.
Il trattatello a uso quotidiano spazia dai Rimedi generali del capitolo I, passando al pranzo e alla cena, nonché ai Cibi malinconici da evitare (cap. VII) e alle notorie Virtù delle prugne (cap. XLI) che ciascun lettore intuirà da sé. E ancora le cause, effetti e rimedi di vari malesseri: sordità, ronzio alle orecchie, malattie reumatiche; l’immancabile salasso (di cui si riportano pure le controindicazioni). Infine, le “buone pratiche” nelle Quattro stagioni dell’anno, all’ultimo capitolo (CIII).
«Ti dico che fare a scanso di guai, / ti garantisco, così a lungo vivrai», esordiscono gli autori, sintetizzando il «che fare» (salvo il ricorso ai medici) in tre regole di base: «serenità a far la mente lieta, / riposo al giusto e parca dieta». La cura di sé inizia con l’igiene mattutina che «al cervello dà ristoro / e pel benessere vale tant’oro» e termina «dopo il pasto, dopo la cena / bagno caldo e passeggio al fresco con lena». In caso di mal di mare «non soffrirai / se con vino acqua marina berrai». Niente allarmismi in stile Oms sulla carne suina, a condizione che sia ben innaffiata: «Senza vin la carne porcina / è peggior di quella ovina. Se vi bevi del buon vino, cibo e farmaco sarà perfino».
La carrellata su cibi, bevande ed erbe aromatiche sarebbe troppo lunga, ma un cenno meritano le virtù della salvia: «Perché l’uom deve morire / se nell’orto salvia può fiorire? /Contro la forza della morte / non v’ha in orto rimedio di sorte» («Cur moriatur homo, cui salvia crescit in horto? Contra vim mortis non est medicamen in hortis»). La benefica pianta protegge i nervi, «il tremito allevia», sana le paralisi, tant’è che viene definita «salvia, salvatrice, di natura armonizzatrice» («salvia salvatrix, naturae conciliatrix»).
E qui lasciamo che sia il lettore stesso a soffermarsi su questo o quel medicamento di cui maggiormente sente il bisogno, ma non prima di sottolineare che questa curiosa fusione di bellezza letteraria e conoscenze scientifiche (beninteso, quelle del tempo) non era poi così strana all’epoca in cui l’uomo faceva cantare le pietre ricamandone guglie, rosoni e doccioni, intrecciando funzione materiale e funzione simbolica.
Noi evoluti, ricchi di scienza ma poveri di meraviglia, dobbiamo accontentarci dell’enciclopedia medica a puntate.
Sabato, 22 luglio 2023