Dal febbraio 2022, quando la Russia, dopo aver ammassato oltre centomila soldati al confine ucraino, ha iniziato un’invasione militare che ha provocato migliaia di morti e immani distruzioni, si è alla ricerca di spiegazioni a questa follia della guerra che in Europa pareva ormai impossibile.
La ricostruzione dei precedenti storici del Paese invaso è stata fornita dal ricercatore Simone Attilio Bellezza nel suo Il destino dell’Ucraina. Il futuro dell’Europa pubblicato da Scholé Morcelliana e ora, nella stessa collana editoriale, Adriano Dell’Asta, vicepresidente della Fondazione Russia Cristiana e successore di padre Romano Scalfi nonché docente di lingua, cultura e letteratura russa all’Università Cattolica di Brescia, nel suo La “pace russa”. La teologia politica di Putin affronta gli aspetti culturali, metafisici e religiosi di questa guerra. Il titolo la “pace russa” richiama al doppio significato nella lingua russa della parola “mir” che significa sia pace che mondo.
In un gioco di parole orwelliano la guerra diventa operazione speciale militare (parole che richiamano la terminologia del regime sovietico) e la pace russa può anche trasformarsi in guerra distruttiva attraverso un’ideologia imperialista che mira alla creazione di un mondo russo in contrapposizione all’Occidente. A conforto di questo imperialismo, che talvolta si spinge alla rivalutazione di Stalin, l’autore cita ampiamente il minaccioso editoriale di Timofej Sergejcev apparso sulla testata governativa RIA Novosti il 3 aprile 2022. Dell’Asta ama la Russia ma individua in questa ideologia un quid che tende a far male al grande Paese e lo fa seguendo le tracce di molti autori russi (Solženicyn, Sacharov, Grossman, Solov’ëv) che già segnalarono questa tendenza autodistruttiva ora manifestatasi con Putin.
Lo “zar di vetro” (per usare il titolo di un bel libro di don Stefano Caprio) non ha instaurato solo un regime “cleptocratico, aggressivo e dittatoriale” come ricordato in tre paragrafi del saggio che ricostruiscono l’ascesa putiniana, ma usa l’ideologia del “russkij mir”, in cui confluiscono eurasismo e complottismo ispirato dal pensatore Aleksander Dugin e di altri, come moltiplicatore degli elementi illiberali e anti-democratici del sistema. Secondo Dell’Asta agli inizi Putin aveva un orizzonte ristretto, pensava ad arricchirsi e vendere bene gas e petrolio. È stata la chiesa ortodossa del patriarca Kirill a offrire a Putin una visione nuova, una nuova lingua per il progetto imperiale. Secondo padre Kiril Hovorum archimandrita della chiesa ortodossa ucraina e già segretario dell’attuale patriarca moscovita questa ideologia del “russkij mir” si è accresciuta negli anni e il fervore missionario iniziale si è trasformato in nazionalismo imperialista.
Oltre all’archimandrita Hovorum anche un nutrito gruppo di teologi ortodossi hanno denunciato il carattere erroneo se non eretico dell’idea del “mondo russo” come ricaduta nell’eresia filetista condannata dalla chiesa ortodossa nel 1872 per “l’esaltazione esclusiva e orgogliosa della differenza delle razze e delle differenze nazionali che riduce la chiesa a un attributo secondario della nazione e dello Stato” (il celebre “chierichetto di Putin” pronunciato da Papa Francesco). E a proposito di Papa Francesco, nell’ultimo capitolo Dell’Asta, richiamandoci alla sfida del discernimento, in poche pagine smonta l’immagine artatamente diffusa di un’equidistanza del Papa tra aggredito e aggressore.
Nella conclusione Dell’Asta dopo il discernimento, invita a superare il relativismo e richiama alla responsabilità e al perdono ricordando il commento di Vaclav Havel alla famosa frase “meglio morti che rossi” in cui disse che chi la pronunciava dimostrava di aver rinunciato alla sua umanità e alla capacità di garantire personalmente qualcosa che la trascende e a sacrificare anche la vita stessa per ciò che dà significato alla vita.
Categoria: Saggio
Autore: Adriano Dell’Asta
Pagine: 125 pp
Prezzo: € 12,00
Anno: 2023
Editore: Scholé Morcelliana, Brescia
EAN: 9788828404965