Il Papa incoraggia una generazione stretta tra molti timori e chiede di essere in prima persona costruttori di pace
di Michele Brambilla
Davanti a un milione e mezzo di giovani, accompagnati da oltre 10.000 sacerdoti concelebranti, l’Angelus di Papa Francesco per la Messa conclusiva della GMG di Lisbona, il 6 agosto, si apre con un doveroso “grazie” («obrigado» in lingua portoghese) agli organizzatori, specificando che «non esprime solo gratitudine per ciò che si è ricevuto, ma anche il desiderio di ricambiare il bene. Tutti, in questo evento di grazia, abbiamo ricevuto e ora il Signore ci fa sentire il bisogno, tornando a casa, di condividere e donare a nostra volta, testimoniando con gioia la gratuità di Dio, quello che Dio ci ha messo nel cuore».
Come ripetuto spesso, non esiste missione senza contemplazione, ma neanche contemplazione senza che essa si traduca in azione missionaria. A questo spingono gli stessi santi patroni della GMG, tutti contemplativi in azione. Il Pontefice ne cita «uno su tutti, Giovanni Paolo II, che ha dato vita alle Giornate Mondiali della Gioventù».
Rivolgendosi ai giovani, spesso intimiditi dalle traversie contemporanee, il Santo Padre ricorda loro che «Dio vede tutto il bene che siete, Lui solo conosce quello che ha seminato nei vostri cuori. Voi andate via da qui con quello che Dio ha seminato nel cuore. Custoditelo con cura e fatelo crescere. Vorrei farvi una raccomandazione: fatene memoria, fissate nella mente e nel cuore i momenti più belli, perché così, quando arriverà qualche inevitabile momento di fatica e scoraggiamento, e magari la tentazione di fermarvi nel cammino o di chiudervi in voi stessi, con il ricordo ravvivate le esperienze e la grazia di questi giorni», seguendo il metodo ignaziano, che insegna a non cambiare nei momenti di desolazione i propositi fatti in quelli di consolazione. In mezzo ai marosi della storia, la Chiesa rimane «il santo Popolo fedele di Dio che cammina nella gioia del Vangelo».
Di difficoltà, in questo mondo, ce ne sono parecchie, «in particolare, accompagniamo con l’affetto e la preghiera coloro che non sono potuti venire a causa di conflitti e di guerre. Nel mondo sono tante le guerre, sono molti i conflitti. Pensando a questo continente, provo grande dolore per la cara Ucraina, che continua a soffrire molto». «Amici, permettete anche a me, ormai anziano, di condividere con voi giovani un sogno che porto dentro: è il sogno della pace, il sogno di giovani che pregano per la pace, vivono in pace e costruiscono un avvenire di pace. Attraverso l’Angelus mettiamo nelle mani di Maria, Regina della pace, il futuro dell’umanità», come fatto ancora una volta a Fatima giusto poche ore prima.
La ricerca della pace da parte del popolo cattolico richiede, quindi, un mettersi in azione senza paura. La stessa preghiera è un agire più che appropriato, laddove si constatano le debolezze della diplomazia umana. Ancora più importante la riscoperta delle proprie radici culturali, esemplificate ancora una volta nei nonni. «E, tornando a casa, continuate a pregare per la pace. Voi siete un segno di pace per il mondo, una testimonianza di come le diverse nazionalità, le lingue, le storie possono unire anziché dividere. Siete la speranza di un mondo diverso», inaugurato dalla Pasqua di Cristo.
Appuntamento per tutti i giovani al Giubileo del 2025 in Roma (25 anni dopo Tor Vergata) e nel 2027 a Seoul, Corea del Sud.
Lunedì, 7 agosto 2023