Anche la prima santa nordamericana e pellerossa testimonia che lo zelo missionario è fatto inscindibilmente di contemplazione e azione
di Michele Brambilla
Nell’udienza del 30 agosto Papa Francesco presenta la figura di santa Kateri Tekakwitha, «la prima donna nativa del Nord America ad essere canonizzata. Nata intorno all’anno 1656 in un villaggio nella parte alta dello Stato di New York, era figlia di un capo Mohawk non battezzato e di madre cristiana Algonchina, la quale insegnò a Kateri a pregare e a cantare inni a Dio».
«Anche molti di noi siamo stati presentati al Signore per la prima volta in ambito familiare, soprattutto dalle nostre mamme e nonne», ricorda il Santo Padre recuperando ancora una volta l’importanza del “dialetto” di casa nell’evangelizzazione. La biografia della santa, però, prosegue: «Quando Kateri aveva quattro anni, una grave epidemia di vaiolo colpì il suo popolo. Sia i suoi genitori che il fratello minore morirono e la stessa Kateri rimase con cicatrici sul viso e problemi di vista. Da quel momento in poi Kateri dovette affrontare molte difficoltà: certamente quelle fisiche per gli effetti del vaiolo, ma anche le incomprensioni, le persecuzioni e perfino le minacce di morte che subì in seguito al suo Battesimo, la domenica di Pasqua del 1676. Tutto ciò diede a Kateri un grande amore per la croce, segno definitivo dell’amore di Cristo, che si è donato fino alla fine per noi. La testimonianza del Vangelo, infatti, non riguarda solo ciò che è piacevole; dobbiamo anche saper portare con pazienza, con fiducia e speranza le nostre croci quotidiane», come più volte spiegato dallo stesso Pontefice.
«Dopo essere stata battezzata, Kateri dovette rifugiarsi tra i Mohawk nella missione dei Gesuiti vicino alla città di Montreal. Lì partecipava alla Messa ogni mattina, dedicava tempo all’adorazione davanti al Santissimo Sacramento, pregava il Rosario e viveva una vita di penitenza», intuendo di essere chiamata ad una vita di speciale consacrazione a Dio. «Impossibilitata ad entrare nella vita consacrata, emise voto di verginità perpetua il 25 marzo 1679. Questa sua scelta rivela un altro aspetto dello zelo apostolico che lei aveva: la dedizione totale al Signore», che si accompagna al fatto che «ogni cristiano è chiamato ogni giorno a impegnarsi con cuore indiviso nella vocazione e nella missione affidatagli da Dio, servendo Lui e il prossimo in spirito di carità».
Allora, «cari fratelli e sorelle, la vita di Kateri è un’ulteriore testimonianza del fatto che lo zelo apostolico implica sia un’unione con Gesù, alimentata dalla preghiera e dai Sacramenti, sia il desiderio di diffondere la bellezza del messaggio cristiano attraverso la fedeltà alla propria vocazione particolare. Le ultime parole di Kateri sono bellissime. Prima di morire ha detto: “Gesù, ti amo”».
Una fede così, la santità e i gesti eroici, ripete il Papa ai pellegrini, rivolgendosi in particolare ai polacchi (il riferimento diretto è, però, anche alla beatificazione, il prossimo 10 settembre, della famiglia Ulma, massacrata dai nazionalsocialisti per aver dato rifugio ad alcuni ebrei), «si raggiungono attraverso la fedeltà nelle piccole cose quotidiane». Anche i cresimati della diocesi di Chiavari sono esortati «a trovare quotidianamente la forza e il coraggio in Dio».
Giovedì, 31 agosto 2023