Di Alessandra Tamponi da AsiaNews del 16/10/2021
Seoul (AsiaNews) – Venerdì 13 ottobre il ministero dell’Unificazione sudcoreano ha confermato la notizia secondo cui la Cina ha forzatamente rimpatriato centinaia di rifugiati nordcoreani. La notizia è giunta da Koo Byoung-sam, portavoce del ministero, che ha confermato la veridicità della denuncia fatta da alcuni gruppi per la difesa dei diritti umani. Tuttavia, ha aggiunto, al momento è impossibile confermare il numero esatto di profughi espulsi, che secondo gli attivisti sarebbero circa 600 persone. rimpatrio massiccio di nordcoreani dalle province nordorientali cinesi,Koo ha inoltre dichiarato che la Corea del Sud ha esortato la Cina a collaborare per impedire il rimpatrio dei disertori, una mossa rara da parte di Seoul, che solitamente evita di affrontare l’argomento con Pechino. Richieste di questo tipo sono infatti inusuali non solo per via della difficoltà nel determinare o meno il numero esatto e le condizioni dei nordcoreani nella Repubblica Popolare, ma anche per evitare di incrinare i rapporti con quest’ultima.Da parte sua la Cina ha categoricamente negato le accuse. Wang Wenbin, portavoce del ministero degli Esteri, ha affermato che la Cina mantiene da sempre un atteggiamento responsabile e gestisce il passaggio di frontiera dei nordcoreani per motivi economici secondo la legge. Nonostante ai nordcoreani venga riconosciuto lo status di rifugiati quando varcano i confini del proprio Paese e la Cina sia firmataria della Convenzione di Ginevra delle Nazioni Unite, Pechino non concede loro il diritto di asilo: i profughi vengono considerati immigrati clandestini e vengono per questo espulsi in Corea del Nord ai sensi degli accordi bilaterali siglati con Pyongyang. E questo nonostante molti nordcoreani in territorio cinese siano persone che hanno trascorso nel Paese diversi anni, a volte persino costruendo una famiglia.Koo ha poi aggiunto che il governo di Seoul farà di tutto per proteggere i diritti dei nordcoreani all’estero. Il ministro dell’Unificazione Kim Yung-ho, 63 anni, ex-professore alla Sungshin Women University di Seoul e diplomatico per la Corea del Sud, è noto per le sue posizioni dure riguardo al regime di Kim Jong-Un. Già ad agosto, durante un seminario organizzato congiuntamente dal Database Center for North Korean Human Rights (NKDB) e da Choe Jaehyeong, membro dell’Assemblea nazionale della Corea del Sud, che aveva come tema il rimpatrio forzato dei nordcoreani detenuti in Cina, il ministro aveva reso nota la sua posizione contraria alla politica di rimpatrio dei nordcoreani, ai quali la Corea del Sud garantisce automaticamente la cittadinanza.I dati raccolti dal NKDB mostrano che fino ad agosto 2023 ci sono stati in totale 8mila casi di disertori nordcoreani rimpatriati con la forza, di cui quasi il 98% attuati dalla Cina. A tal proposito il ministro ha dichiarato che ai disertori non solo deve essere garantito lo status di rifugiato ma che devono anche essere messi nelle condizioni di raggiungere la Corea del Sud.L’attenzione per le condizioni dei nordcoreani in Cina ha di recente ricevuto maggiore attenzione anche da parte di altre organizzazioni per i diritti dei nordcoreani in Corea del Sud: a settembre, per esempio, era stata organizzata una protesta di fronte all’ambasciata cinese di Seoul. Un’attenzione dovuta al timore di un’attesa riapertura dei confini nordcoreani, che negli ultimi tre anni sono rimasti chiusi rendendo più difficili i rimpatri. Un’indagine di 38th North ha evidenziato un crescente movimento al confine sino-coreano suggerendo che la riapertura possa essere vicina. Un’eventualità che metterebbe a rischio i rifugiati al momento detenuti in Cina, che, secondo Elizabeth Salmon, relatrice speciale delle Nazioni unite sui diritti umani in Corea del Nord, sarebbero almeno 2mila.