In quel tempo, Gesù disse:
«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”». (Lc 17,7-10)
Chiaramente, nulla di ciò che Dio ha creato è inutile, soprattutto l’uomo immagine e somiglianza del creatore, tutto è corrispondente al progetto eterno di Dio, ogni cosa che Egli ha creato riverbera la sua onnipotenza, rivela un grande progetto e ci porta a contemplare l’Essere Supremo. La parabola non mira certo a proiettare un’immagine distorta di Dio, come un padrone autoritario e privo di ogni considerazione verso i suoi servi. Non è questa la lezione della similitudine, centrata unicamente sull’atteggiamento che deve assumere l’apostolo nei confronti di Dio e sulla consapevolezza della sua nullità.
Primato quindi alla grazia di Dio, che in concreto significa: Nella nostra giornata si dia primato al regolamento di vita della preghiera. Gesù inculca la sovranità del Padre in tutto il vangelo, ma lo presenta sempre come un Padre buono e misericordioso, che manda il proprio Figlio a servire e non per essere servito. Evidenzia così la situazione contingente allora in Israele. Il contratto di assunzione a cottimo, che veniva stipulato anche per un anno dai possidenti ebrei ai contadini, prevedeva non solo il lavoro dei campi, ma qualunque altro umiliante servizio, a discrezione totale del padrone.