Di Lorenzo Castellani da Tempi del 02/11/2023
A volte nella politica i paradossi accadono velocemente, ancora di più se la politica internazionale precipita rapidamente come in questi mesi. Negli ultimi anni, almeno in Italia, la sinistra dei Renzi, Gentiloni e Letta sembrava essere sempre dalla parte giusta sul piano internazionale. Con una certa America non trumpiana, per l’integrazione europea, scettica verso Putin, poco entusiasta della Cina. Era la destra nuova, quella sovranista, a sembrare spesso disallineata a gran parte dell’élite occidentale: euroscettica, affascinata da Putin, vicina alle intemperanze istituzionali di Trump. In poco tempo, invece, tutto si è ribaltato.
La sinistra europea senza linea di politica estera
L’antisemitismo woke e l’unità dell’Occidente
Al tempo stesso, alcune frange più estreme, in nome dell’antiamericanismo e delle teorie critiche, assumono posizioni quasi antisemite. È il caso delle associazioni studentesche americane dell’Ivy League, e di molti professori delle stesse, che oramai manifestano contro Israele, trascurando Hamas, incolpando i paesi occidentali di sfruttamento e oppressione. Anche qui una spaccatura, con la sinistra democratica e moderata che si dissocia da quella woke e ultra-progressista. Il ritorno della questione Israelo-palestinese spacca dunque la sinistra che non riesce più a tenere insieme le sue ambiguità. L’unità del mondo occidentale oggi passa dai democratici americani moderati e dai partiti del centro e della destra europea. Sembra un paradosso, una convergenza parallela, ma è la realtà a cui oggi siamo aggrappati.