Cristo va annunciato urbi et orbi, senza distinzione di popoli o classe sociale, come dimostra la cananea aiutata da Gesù in virtù della sua fede nel Redentore
di Michele Brambilla
Proseguendo lungo la linea dettata mercoledì scorso, Papa Francesco continua, nell’udienza del 22 novembre, a compendiare il ciclo sull’evangelizzazione ricordando che «quando incontriamo veramente il Signore Gesù, lo stupore di questo incontro pervade la nostra vita e chiede di essere portato al di là di noi. Questo Egli desidera, che il suo Vangelo sia per tutti. In esso, infatti, c’è una “potenza umanizzatrice”, un compimento di vita che è destinata ad ogni uomo e ogni donna», il che significa che l’annuncio cristiano non si riduce al mero aspetto kerygmatico (cioè l’essenziale predicazione di Cristo morto e risorto), ma deve diventare, appunto, cultura.
Il Papa conferma che «in Evangelii gaudium si legge: “Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo ma “per attrazione”” (n. 14)», come sostenuto ripetutamente dallo stesso Pontefice.
«I cristiani si ritrovano sul sagrato più che in sacrestia, e vanno «per le piazze e per le vie della città» (Lc 14,21). Devono essere aperti ed espansivi, i cristiani devono essere “estroversi”, e questo loro carattere viene da Gesù, che ha fatto della sua presenza nel mondo un cammino continuo, finalizzato a raggiungere tutti, persino imparando da certi suoi incontri», e fa il celebre esempio della cananea di Mt 15,21-28. Costei aveva la figlia malata, ma inizialmente «Gesù rifiuta, dicendo di essere stato mandato solo “alle pecore perdute della casa di Israele”». Si convince ad agire solo una volta constatata la profonda fede in Lui della donna pagana.
Nell’incontro con la cananea «il Signore stesso trova conferma al fatto che la sua predicazione non debba limitarsi al popolo a cui appartiene, ma aprirsi a tutti. La Bibbia ci mostra che quando Dio chiama una persona e stringe un patto con alcuni il criterio è sempre questo: elegge qualcuno per raggiungere altri»: questa era la missione di Israele nella storia, ma anche, nel suo piccolo, della donna nativa dell’attuale Libano. Non è forse stato così anche per i Magi, “primizia delle genti”? Pertanto, «vi esorto a porre Gesù al centro della vostra vita, e da Lui riceverete luce e coraggio in ogni scelta quotidiana», nell’imminenza della solennità di Cristo Re.
«E non dimentichiamo di perseverare nella preghiera per quanti soffrono a causa delle guerre in tante parti del mondo, specialmente per le care popolazioni dell’Ucraina, la martoriata Ucraina, e di Israele e della Palestina». Proprio «questa mattina ho ricevuto due delegazioni, una di israeliani che hanno parenti come ostaggi in Gaza e un’altra di palestinesi che hanno dei parenti prigionieri in Israele. Loro soffrono tanto e ho sentito come soffrono ambedue: le guerre fanno questo, ma qui siamo andati oltre le guerre, questo non è guerreggiare, questo è terrorismo», dice il Papa in maniera molto netta. Ponendo la questione sul piano ignaziano delle passioni disordinate, «per favore, andiamo avanti per la pace, pregate per la pace, pregate tanto per la pace. Che il Signore metta mano lì, che il Signore ci aiuti a risolvere i problemi e non andare avanti con le passioni che alla fine uccidono tutti».
Giovedì, 23 novembre 2023