Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?».
Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro».
Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista (Matteo 17,10-13).
Gesù diede questa risposta alla domanda dei discepoli mentre scendevano dal monte dove avevano contemplato la sua trasfigurazione. Lì avevano visto anche Elia e Mosè che conversavano con Lui e parlavano del suo esodo che stava per compiersi a Gerusalemme (cfr. Lc 9,30s.). Ai discepoli sembrava che fosse già giunto il tempo della sua gloria, anche perché, avendo avuta la visione di Elia, ricordavano che gli scribi collegavano la venuta del Messia a quella previa del grande profeta. Gesù però comanda di non parlare a nessuno della visione gloriosa prima che il Figlio dell’uomo sia risuscitato dai morti (cfr. Mt 17,9). E spiega loro il pieno significato delle Scritture (cfr. Ml 3,23s.), che naturalmente era ignoto ai rabbini.
Gesù afferma che Elia è già venuto e non lo hanno riconosciuto, anzi hanno fatto di lui quello che hanno voluto: tutti capiscono che sta parlando di Giovanni Battista. E conclude dichiarando che stanno per fare la stessa cosa nei suoi confronti allorché dovrà soffrire a causa loro. Questo è il vero significato del suo essere Messia. La sua regalità messianica risiede nell’identità di Figlio dell’uomo disceso dal cielo, non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti. Tale regalità messianica si manifesta solo dall’alto della croce e potrà essere proclamata solo dopo la Risurrezione (cfr. CCC 440).
Ma noi cristiani sappiamo bene che Gesù, nostro Re crocifisso e glorioso, ha cominciato a compiere il sacrificio dell’Amore con l’abbassamento dell’Incarnazione e con la sua nascita nella povertà e nell’indigenza di una stalla ove fu deposto in una mangiatoia. Prima ancora lo sapevano gli Angeli che nella notte santa cantarono la gloria di Dio e la pace che il nato Re dei Re veniva a portare ai popoli del mondo. Maria avvolse il Figlio dell’Altissimo, il cui regno non avrà mai fine, il suo Bambino, nei poveri panni che aveva preparato con l’amore speciale di Vergine Madre e, deposto sulla paglia, lo adorò con il suo purissimo sposo Giuseppe come suo Dio e Signore.
Poi fu la volta dei poveri della terra, i pastori. Poi arrivarono per adorarlo anche i veri grandi dell’umanità, le Autorità, ossia i Re di tutti popoli che con i loro doni, oro, incenso e mirra, mostrarono di riconoscere il mistero della pienezza della regalità del nato Re. Ma da lì a poco per Lui cominciò la persecuzione perché certi poteri del mondo non accettavano lo stile della sua regalità di verità, di amore e di pace. Ormai però questo piccolo Bambino aveva segnato per sempre la storia del mondo: cresciuto in età, sapienza e grazia, ha instaurato il suo regno eterno di Re crocifisso e glorioso.
La partita è tutta da giocare: di epoca in epoca i popoli e i regni si affidano a Lui o lo ignorano. Ma noi operiamo perché, come avvenne già in qualche tempo, si possa continuare a consacrare la nuova Cristianità, forse in una futura Notte di Natale.