Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino Gesù a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Luca 2,22-35).
Che fra tante persone, fra tante mamme con il bimbo in braccio, e fra tanti bimbi, Simeone nel Tempio abbia potuto riconoscere il Messia è davvero stupefacente. Ma come è stato possibile? Non era un bambino come tutti gli altri? Non si trovava in una famiglia come tutte le altre?
Si racconta nella vita di santa Giovanna d’Arco (1412-1431) che, recatasi alla corte di Carlo VII, re di Francia (1422-1461), venne da questi messa alla prova. Sul proprio trono egli fece sedere uno dei suoi cortigiani. Giovanna, però, con grande stupore del re, riconobbe subito il sovrano confuso in mezzo agli altri nobili della corte. Questo aneddoto tramandato dalla storia è stato verificato anche teologicamente: il re francese era un consacrato di Dio, e i santi sanno riconoscere le cose sante. Parliamo ovviamente di santi che hanno avuto lo specifico dono chiamato ierognosi cioè “conoscenza del sacro”. Di esso, per fare un altro esempio, godé anche santa Caterina da Siena (1347-1380), che in un’occasione riprese severamente un sacerdote che le aveva porto un’ostia non consacrata.
Da cosa è data questa conoscenza? Certamente da un dono speciale dello Spirito Santo, ma ovviamente anche dalla disponibilità ad aprirsi a tale dono. Maria Regina è la via migliore per accogliere lo Spirito Santo e suoi doni. Con Lei ci è data altresì una sensibilità spirituale – tutti siamo chiamati alla vita mistica – che, analogamente a quanto accaduto a Simeone o ai santi mistici, riesce oggi a farci decodificare gli eventi della vita di ogni giorno e a consentirci di riconoscere la presenza di Dio.