L’esempio di san Francesco d’Assisi ci mostra come vivere il Natale anche al giorno d’oggi
di Michele Brambilla
Come spiega Papa Francesco nell’udienza del 20 dicembre, «800 anni fa, nel Natale 1223, San Francesco realizzò a Greccio il presepe vivente. Mentre nelle case e in tanti altri luoghi si sta preparando o ultimando il presepe, ci fa bene riscoprirne le origini» ricordando che san Francesco d’Assisi diceva: «Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello» (Tommaso da Celano, Vita prima, XXX, 84: FF 468).
Il Papa osserva che «Francesco non vuole realizzare una bella opera d’arte, ma suscitare, attraverso il presepe, lo stupore per l’estrema umiltà del Signore, per i disagi che ha patito, per amore nostro, nella povera grotta di Betlemme» e rimprovera che «se noi cristiani guardiamo il presepe come una cosa bella, come una cosa storica, anche religiosa, e preghiamo, questo non è sufficiente. Davanti al mistero dell’incarnazione del Verbo, davanti alla nascita di Gesù, ci vuole questo atteggiamento religioso dello stupore. Se io davanti ai misteri non arrivo a questo stupore, la mia fede è semplicemente superficiale».
La contemplazione della Natività deve insegnarci la sobrietà. «Oggi, infatti, il rischio di smarrire ciò che conta nella vita è grande e paradossalmente aumenta proprio sotto Natale – si cambia la mentalità di Natale -: immersi in un consumismo che ne corrode il significato», che ha al suo cuore la semplicità del Bambino nella grotta di Betlemme.
«E il presepe nasce per riportarci a ciò che conta: a Dio che viene ad abitare in mezzo a noi», evitando che l’appello alla sobrietà si trasformi in un monito un po’ “bacchettone”. «Ma il presepe di Greccio, oltre che quella sobrietà che fa vedere, parla anche di gioia, perché la gioia è una cosa differente dal divertimento», che è momentaneo. La gioia autentica, donataci proprio da Gesù, è infatti uno stato profondo dell’anima, che non è scalfito neppure dalle peggiori difficoltà perché la persona si radica, appunto, nel Signore. Pertanto, «se davanti al presepe affidiamo a Gesù quanto abbiamo a cuore, proveremo anche noi “una gioia grandissima” (Mt 2,10), una gioia che viene proprio dalla contemplazione, dallo spirito di stupore con il quale io vado a contemplare questi misteri».
E a proposito di pensieri e preoccupazioni che appesantiscono il cuore, il Pontefice insiste sul fatto che «le guerre sempre sono una sconfitta. Non dimentichiamo questo. Una sconfitta. Soltanto guadagnano i fabbricanti di armi. Per favore, pensiamo alla Palestina, a Israele. Pensiamo all’Ucraina – c’è presente il signor ambasciatore, qui – l’Ucraina martoriata, che soffre tanto. E pensiamo ai bambini in guerra», costretti a vedere orrori inenarrabili. Il Santo Padre plaude, in proposito, all’iniziativa “Aiuto ai bambini alla Vigilia di Natale” dei cattolici polacchi, dato che «questa iniziativa benefica, le candele Caritas accese sulla tavola, sono un’espressione di solidarietà con i bambini bisognosi in Polonia e nei Paesi colpiti dalla povertà».
Giovedì, 21dicembre 2023