In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!» (Marco 7,31-37).
Un sordomuto porta un dolore enorme, perché il suo è un dolore muto, inespresso. Non può parlare di sé, non può raccontarsi; vive come un pesce che guarda il mondo da un acquario. Un dolore non comunicato è assurdo, un dolore vissuto nella solitudine è straziante. È come avere sempre un nodo in gola e non tirar fuori mai nulla, se non pianti continui ma anch’essi muti. Non è in nostro potere dire ai sordi con cui viviamo e che incontriamo: «Effatà», «Apriti!» e ridare loro miracolosamente l’udito, ma c’è qualcosa che possiamo fare anche noi, ed è alleviare la sofferenza, educarci al rispetto, alla delicatezza nel trattare con chi è affetto da questa menomazione.
Quello di fare dell’ironia o di scherzare sulla sordità altrui deve essere un’abitudine antica quanto il mondo, perché già nell’Antico Testamento troviamo questo ammonimento: «Non maledirai il sordo, né metterai inciampo davanti al cieco» (Lv 19,14). Un sordo non fa neanche compassione e spesso infastidisce, stizza, perché costringe a ripetere più volte le stesse cose. Così si crea distacco ed emarginazione. Il sordomuto è simbolo di un’umanità che grida silenziosamente a un Salvatore. E il Salvatore Gesù capisce che anche in terra “nemica” – quale era il territorio della Decàpoli – i figli sono figli dello stesso Padre che è nei cieli. Siamo tutti da salvare, dal primo fino all’ultimo uomo di questa drammatica e meravigliosa storia dell’umanità.
Tanti santi confessano che prima erano sordi alla voce di Dio. Ma un giorno Cristo disse loro: «Effatà», «Apriti!». Da quel momento vollero sentire solo la voce di Dio. Quando e come risuona questa voce? È un mistero, sia da parte di Dio che parla, che dell’uomo che ascolta. Succede in diversissime occasioni, che non sono decisive. Decisiva è la parola di Dio che si fa sentire al nostro interno. Si presenta come un pensiero che viene all’improvviso, silenzioso, mite, che penetra nel cuore e riesce a cambiare la persona perché è la voce di Dio. A ogni fedele credente che non ha indurito il suo cuore e che, anche solo balbettando, tramite un modesto e timido spiraglio, ha detto con il profeta Samuele: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta» (1Sam 3,10), a lui ha detto il Signore misericordioso: «Effatà», «Apriti!».