In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret:] «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino (Luca 4,24-30).
Gesù è perfettamente consapevole della pienezza della sua umanità nella totale comunione della sua Persona di Figlio Unigenito con il Padre e lo Spirito Santo. In questa potenza di vita, veramente umana e divina, Egli si fa carico, volentieri e per amore, di tutti i limiti propri della natura umana in quanto tale e, pur essendo sempre innocente, senza peccato, sconta la condanna meritata da tutti noi peccatori. Questa è la sua performance umano-divina, per la quale può presentarsi, già all’inizio della vita pubblica e dopo il primo debutto vittorioso nel deserto contro il Nemico della natura, per quello che è: il Messia atteso, la luce che vince le tenebre dei popoli pagani, il Salvatore e Redentore che instaura i tempi nuovi della grazia e della verità (cfr. Lc 4,16-22; Gv 1,14).
Come aveva previsto il profeta Isaia (61,1-4), proprio Gesù possiede l’investitura divina dello Spirito Santo, per cui proclama e realizza Egli stesso l’intervento di Dio misericordioso, che fa grazia alle sue creature riabilitandole, nella giustizia e nella lode al Signore, per ricostruire, rialzare e restaurare dopo l’immane desolazione del peccato. La nuova creazione è in gestazione, e i segni si cominciano a vedere a Cafarnao e dintorni.
Ora, Gesù non può mancare di condividere con i suoi compaesani l’opera di rinnovamento intrapresa. Si reca dunque a Nazareth, dove era stato allevato. Nella sinagoga legge e applica a sé stesso il passo di Isaia che lo riguarda. Da coloro che lo ammirano si aspetta ovvia accoglienza ed entusiasmo per l’opera in cui desidera averli pienamente come collaboratori convinti e generosi. Invece, li sente immediatamente freddi e indisposti a fidarsi di lui. Gli chiedono prove, pur essendo a conoscenza delle opere straordinarie da lui compiute altrove. Non sono disposti ad accoglierlo, a credere in Lui come il Salvatore. Continuano a crogiolarsi nel loro piccolo mondo, chiusi all’opera di cura e di rinnovamento universale a cui invece già Elia ed Eliseo erano stati avviati e che ora deve essere compiuta, cominciando anche dal piccolo mondo di Nazareth.
Neanche a dirlo: non ne vogliono sapere. Anzi, ritengono che Gesù non abbia il diritto di chiedere la loro collaborazione e, accecati dal fastidio di sentirsi chiamati all’impegno della fede umile e vera, non vogliono più avere a che fare con Lui e pretendono gettarlo giù dal precipizio del loro monte. Ma Gesù continua per la sua strada, fino al Sacrificio del dono totale di sé, per togliere con l’Amore la giusta condanna dell’umanità peccatrice.
Finalmente ricomincia la nuova creazione dei figli di Dio e delle loro civiltà. Ma è necessario stare con Gesù, credere in Lui, parlare di Lui e riordinare sé stessi attraverso la sua imitazione. Così in ciascuno di noi sentiamo ridestarsi e vediamo consolidarsi la forza di combattere, nei piccoli e nei grandi ambienti, per poter ricostruire nelle persone e nelle società la cultura della verità sull’uomo e sulla storia. Sarà un’avventura sempre nuova ed entusiasmante, animata dal desiderio di rialzare uomini e donne dalla desolazione e dall’abbattimento in cui li ha gettati la Rivoluzione contro l’uomo e contro Dio.
Con Gesù, che passa sicuro e incolume fra i nemici, vinciamo anche noi la paura. Là dove la Rivoluzione ferisce, insanguina e uccide, noi curiamo e ricostruiamo. Certamente rinasce un mondo migliore, poiché la Madonna ce l’ha promesso con le sue consolanti parole a Fatima: «Infine il mio Cuore Immacolato trionferà!», come dono a chi si s’impegna a servizio del regno dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria.