La Passione di Nostro Signore è rappresentata con forza in questi dipinti, che attraverso l’immagine realizzano una catechesi dottrinale estremamente efficace.
di Susanna Manzin
Il torchio è lo strumento utilizzato per spremere l’uva ed estrarre il mosto, con la stessa funzione che un frantoio svolge nei confronti delle olive. La forza del torchio e il simbolismo del vino suggeriscono un parallelismo con la Passione di Cristo e l’Eucarestia, e il concetto è stato infatti utilizzato da alcuni Padri della Chiesa nelle loro meditazioni e catechesi.
San Pier Damiani si rivolge a Maria dicendo: «Da te è uscito il grappolo che doveva essere spremuto sotto il torchio della croce». Questa immagine ha ispirato alcuni artisti che hanno realizzato quadri e affreschi di Cristo nel torchio, con una rappresentazione cruda, molto spettacolare e allegorica, che ha avuto una grande diffusione soprattutto nel XVI secolo, l’epoca della Controriforma.
A Matelica, in provincia di Macerata, possiamo ammirare nella chiesa di Sant’Agostino un dipinto del pittore fiammingo Ernst Van Schayck: Cristo è immerso in un grande tino, schiacciato sotto il peso della Croce, e pigia l’uva che è innaffiata dal suo sangue. La bevanda che esce dal tino è raccolta da due angeli in un calice dorato. Sullo sfondo, è lo stesso Dio Padre che sta girando la vite del torchio e la colomba dello Spirito Santo è appoggiata alla Croce.
Il dipinto che si può ammirare in Germania ad Ansbach, nella chiesa di San Gumberto, è molto simile ma vi è rappresentata anche la Madonna Addolorata che sorregge il braccio del Figlio, quasi a volerlo aiutare. Dal tino non esce il vino ma delle ostie che un Vescovo raccoglie nel calice. Anche a Milano si può ammirare un affresco con questa iconografia nella chiesa di Santa Maria Incoronata.
Andrea Mainardi detto il Chiaveghino ha dipinto una pala d’altare per la chiesa di Sant’Agostino a Cremona, che rappresenta il Cristo sotto il torchio circondato da una folla che guarda la scena con pathos drammatico, mentre due angeli raccolgono il sangue in un calice.
Questa iconografia è ricorrente nelle chiese agostiniane e non a caso. Il Padre della Chiesa dedica vari sermoni a questa immagine, ad esempio commentando il Salmo 55 scrive: «Il primo grappolo d’uva schiacciato nel torchio è Cristo. Quando tale grappolo venne spremuto nella passione, ne è scaturito quel vino il cui calice inebriante quanto è eccellente!». Nella sua Esposizione sul Salmo 83 leggiamo: «Chi si consacra al servizio di Dio ha da sapere che è entrato nel torchio. Sarà stritolato, schiacciato, spremuto. Non perché abbia a morire fisicamente, ma perché fluisca nei serbatoi divini».
La Passione è rappresentata con forza in questi dipinti, che attraverso l’immagine realizzano una catechesi dottrinale estremamente efficace. In molti passi del Vangelo Gesù parla della vigna, dei tralci, delle potature: «Io sono la vera vigna e mio Padre è il vignaiolo» (Gv, 15,1).
La devozione popolare del Cristo nel torchio nasce da un’esperienza religiosa tradizionale che sa meditare anche partendo dalla contemplazione degli oggetti della vita quotidiana, con una fede coraggiosa che non ha paura di affrontare il tema del dolore e della sofferenza.
Molto interessante a questo proposito il quadro del pittore Marco Pino (immagine in evidenza) conservato nella Pinacoteca Vaticana: nella parte inferiore del dipinto l’autore presenta un torchio mistico, nella parte superiore un Cristo nella Gloria: per ricordare che dalla Passione del Figlio di Dio deriverà la Resurrezione e la Redenzione dell’umanità.
Sabato, 23 marzo 2024