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Il pensiero del giorno

23 Marzo 2024 - Autore: Don Andrea Nizzoli



In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto, [ossia la risurrezione di Làzzaro,] credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. 
Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinèdrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». 
Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. 
Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli. 
Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?» (Giovanni 11,45-56).


«Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto, credettero in lui». L’evangelista Giovanni vede nella resurrezione di Lazzaro l’evento che determina la condanna da parte del Sinedrio. Emerge una legge che purtroppo troverà tante volte conferma nella storia: gli stessi segni che suscitano entusiasmo nel popolo, accrescono il contrasto con le autorità religiose corrotte. Teniamo presente che Caifa, sommo sacerdote, gestiva l’intero tesoro del Tempio: esso era così cospicuo da farne forse il luogo più ricco dell’antichità.

I Giudei osservano la grande compattezza, in Gesù, tra le parole e le opere: le sue parole sempre divengono opere. Vi sono parole che addormentano e opere che svegliano, parole che non lasciano traccia e opere che fanno riflettere. Le opere fatte in nome di Dio e per la gloria di Dio hanno una straordinaria eloquenza. Il maligno di queste ha paura, e si accanisce contro coloro che le compiono, cercando di creare ogni tipo di ostacoli. A volte vi riesce. È bene saperlo: se facciamo il bene incontreremo difficoltà, e se lo facciamo bene troveremo molti e grandi ostacoli. Il Sinedrio si rendeva ben conto che tutto il sistema dei loro privilegi sarebbe saltato per aria, se non fermavano il falegname di Nazareth.

La motivazione della condanna è di natura politica: «Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». In effetti le autorità religiose avevano raggiunto un placido compromesso con quelle romane e cercavano di evitare rivolte popolari. Ma vi erano anche motivazioni più specificamente religiose in quanto la parola di Gesù si distaccava in diversi punti dalla tradizione e dall’interpretazione rabbinica più comune. «Alcuni capi d’Israele accusarono Gesù di agire contro la Legge, contro il tempio di Gerusalemme, e in particolare contro la fede nel Dio unico, perché Egli si proclamava Figlio di Dio. Per questo lo consegnarono a Pilato, perché lo condannasse a morte» (Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica, n. 113).

Una condanna non si decide mai a cuor leggero. L’incertezza dei sinedriti viene superata dal “machiavellico” sommo sacerdote Caifa, il quale, con una buona dose di cinismo, afferma che è meglio che uno solo muoia per tutti piuttosto che tutti periscano a causa di uno solo. A suo parere la difesa della stabilità religiosa e politica chiede di soffocare la voce scomoda di quell’uomo. È un alibi a cui sempre si ricorre quando mancano altri e migliori argomenti: il fine giustifica i mezzi. Con la scusa di salvaguardare il bene comune, ci chiudiamo alla verità. Chiediamo oggi la grazia di restare fedeli a Gesù e Maria fino alla morte.

San Turibio de Mogrovejo Vescovo

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